Domenica 20 novembre ad Alessandria della Rocca, al termine della celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Alessandro Damiano è stata intitolata – alla presenza delle autorità civili e militari e del delegato dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Agrigento – la piazzetta del sagrato della Chiesa Madre a monsignor Maria Giuseppe Maniscalco. Nato ad Alessandria di Sicilia (oggi Alessandria della Rocca) il 2 giugno 1783 era entrato nell’Ordine presso il Ritiro degli Osservanti in Baida vicino a Palermo, dopo l’ordinazione sacerdotale è destinato al convento di Alcamo, dove ricopre diversi incarichi. Nel 1819, dopo essere stato segretario, è eletto ministro provinciale, nel 1827 è definitore generale, nel 1833 è eletto vicario generale e nel 1938 è nominato ministro generale dell’ordine dei francescani. Il 17 giugno 1844 è nominato vescovo di Avellino da papa Gregorio XVI e il 7 aprile 1854 papa Pio IX lo trasferisce alla sede di Caltagirone.
Un uomo “la cui testimonianza di fede cristiana – ha ricordato don Salvo Centinaro nel tratteggiarne la figura – è stata quella di frate prima e di vescovo poi, che ha vissuto fino in fondo, giorno dopo giorno, la sua missione: rinnovandosi ed indirizzando alla riforma spirituale, culturale e al dialogo, incrementandone la fruizione collettiva ed individuale alla luce del Santo Vangelo. Egli invitava ad una passione alla santità indotta per la propria elevazione spirituale, oltre che dalla preghiera anche tramite lo studio della dottrina. A tal riguardo aveva istituito una cattedra di Sacra eloquenza e rinforzato la spiritualità dei sacerdoti e dei frati con ritiri, adorazioni eucaristiche e formazione del clero che doveva essere pronto ad affrontare nuove sfide per un uomo che cambia. Per la sua elevata e robusta statura spirituale e dottrinale, fu teologo dell’arcivescovo di Palermo e teologo del giudice di Monarchia ma soprattutto teologo all’interno della commissione del dogma dell’Immacolata Concezione, in Spagna, del quale fu assertore e sostenitore convinto. Ha dimostrato di avere anche qualità di diplomatico equilibrato e nello stesso tempo di avere una personalità coraggiosa, che ha saputo mantenersi in buoni rapporti con il “potere” ma capace di opporsi ad esso, se era richiesta la fedeltà ai principi di fede cristiana. Considerava sempre il suo ministero un servizio e non un potentato di cui esporre lo scettro. Fu l’uomo autorevole – ha detto don Salvo – ma anche il Pastore umile, amorevole e premuroso. Infatti nel suo ministero episcopale era molto vicino ai sacerdoti, ai religiosi e alle suore avendo cognizione che attraverso di loro raggiungeva tutto il popolo dei fedeli. Ne esigeva la preparazione culturale, dottrinale e spirituale ma ne esprimeva tutta la sua cura e attenzione. Per la sua grande fede e spiritualità si è immerso e lasciato coinvolgere nella realtà viva, tumultuosa e contraddittoria del tempo. Periodo il suo di grandi rivoluzioni e sconvolgimenti che destabilizzavano la vita religiosa organizzata e ne perseguitavano i suoi membri, oltre che con la soppressione perfino con la morte. Ma lui ha cercato di sorreggere e sostenere la vita regolare diocesana aiutando i frati e i preti ad affrontare. L’eredità lasciata da monsignor Maniscalco è che senza Dio e la docilità dello Spirito Santo nulla è possibile, che senza la fede nulla si realizza, che senza il servizio nulla si ama”.