Chiesa relativa – XI Domenica del Tempo Ordinario

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Con il 4° capitolo del suo vangelo, Marco ci informa del contenuto dell’insegnamento di Gesù.
Nei precedenti capitoli abbiamo appreso delle reazioni contrastanti dei suoi ascoltatori: stupore entusiastico da parte delle folle (1,27 “Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!»”; e 2,12), rabbia e livore da parte delle autorità religiose (3,16; 3,22; cfr. domenica 10ª B).
Tutto il cap. 4° di Marco dispiega il tema capitale del regno di Dio che germoglia e cresce nel mondo. L’insegnamento di Gesù sul Regno si rivolge in due tempi a soggetti distinti: inizialmente Gesù si rivolge alla folla e poi ai discepoli nella barca. A «quanti si riunivano attorno a lui, lungo il mare» egli insegnava in parabole (Mc 4, 2); «quando furono soli, quelli che erano con lui insieme ai discepoli» (Mc 4,10), sulla barca o in privato (4,34).
In questa 11ª domenica leggiamo la conclusione della sezione delle parabole sul regno (Marco 4,26-34): le due parabole del seme nel terreno e del granello di senapa, e dell’annuncio della parola in parabole, della spiegazione di ogni cosa ai discepoli. La diversità di trattamento non dipende da particolari competenze, ma dalla familiarità con il Maestro e dalla apertura di cuore all’inaspettato gratuito dono della Parola che stabilisce e apre alla comunione con Dio e al suo amore nel mondo. Due piccole parabole seguono la parabola del seminatore e la sua spiegazione, e si differenziano sostanzialmente da quelle.
Mentre in quella del seminatore, il rapporto seme – terreno, vuol introdurre la questione delle disposizioni e situazioni che possono impedire, ostacolare o favorire l’accoglienza della parola, in queste due “del seme e del granello di senapa”, il regno di Dio è come presentato, partendo da Dio stesso. Circa il seme, dice Gesù ai versetti 26-27: “dopo che l’uomo getta il seme nel terreno, dormi o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come egli stesso non sa”. Il regno è di Dio, l’uomo lo riceve in dono. Non si tratta di un invito alla pigrizia e alla disillusione, peraltro già smentita precedentemente nella parabola del seminatore. Nell’affermazione di Mc 4,28 “Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga” riecheggia l’efficacia della parola divina che come pioggia dal cielo sulla terra, non ritorna a Dio senza produrre quanto Egli desidera (Isaia 55, 10ss).
Nella parabola del granello di senapa (vv. 30–32), il punto in evidenza è il forte contrasto tra quanto inizialmente era “più piccolo” fra i semi e ciò che alla fine diventa “più grande”. Il granello di senapa diventa arbusto che offre ombra agli uccelli del cielo, come il regno accoglie tutti i popoli, gli uomini disposti, i piccoli e i poveri (1ª lettura).
Il regno è di Dio: la novità del suo intervento nel mondo non fa rumore, non si nota, non è appariscente, si perde come lievito nella massa, si ricerca con intensa attività (come il mercante cerca la perla preziosa), ci si incappa casualmente (come il contadino che ara il campo e trova il tesoro). La logica del Regno, annuncia la modalità dell’intervento di Dio nel mondo e nella storia e il suo metro di valutazione. Il mondo di Dio, il suo regno che viene, ha un tasso altissimo di distinzione dagli ordinamenti umani, dai “regni di questo mondo”. Gesù continua a “ interpretare, liberare, sciogliere, spiegare ” il mistero del regno ai suoi discepoli, in intima esistenziale relazione.
La Chiesa, quando non riconosce il regno in questa forma nascosta e non accetta di essere relativa al seme che è Cristo e che Dio fa maturare nella venuta del suo regno, è statica, vive fuori dal tempo e non avvia processi dinamici come quelli che le parabole invece ci rivelano

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