Coordinate – III Domenica di Quaresima

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La pericope del vangelo di Giovanni al capitolo 2,13 -2, è intesa comunemente come “la cacciata dal tempio” dei cambiavalute e dei venditori di animali per i sacrifici. Più profondamente si rileva che l’episodio non è riconducibile a un semplice evento di “purificazione del tempio”. Nell’intenzione del quarto evangelista, come accade particolarmente nella prima parte del suo vangelo, il confronto fra Gesù e le “istituzioni” fra le quali spicca il “tempio di Gerusalemme” ha una portata teologica e rivelativa: la pasqua di morte e risurrezione del popolo fedele, è la nuova misura dell’incontro con Dio.

Rispetto alla tradizione sinottica, che colloca l’episodio alla fine del ministero di Gesù, Giovanni lo pone all’inizio del suo vangelo. All’interno del brano le Scritture, espressioni dell’Antico Testamento che vengono citate ora da Gesù ora dai discepoli, sono particolarmente importanti e significative. E con un passaggio di straordinaria intensità si attesta la fede che la Chiesa riserva all’unità delle Scritture con le parole di Gesù (Gv 2,22).

Tre i passaggi del testo che dal vangelo possiamo cogliere: 1. La “azione” del Messia contro la riduzione a commercio della fede in Dio, si svolge nel “recinto” del tempio in prossimità della “pasqua dei giudei”. Il tempio – luogo dell’incontro con Dio – e il tempo – abitato dal Verbo fatto carne che era sin da principio – hanno coordinate nuove, che convergono su Cristo. Relativamente al tempio “casa del Padre”, riecheggiano in bocca a Gesù e nel ricordo dei discepoli le parole tratte dai libri del profeta Malachia e Zaccaria: “casa di mercato” e “lo zelo per la tua casa mi divora”; 2. I giudei presenti al gesto “scoordinato” compiuto da Gesù chiedono conto e ragione, il “segno” che comprovi “l’autorità”. Il segno che Gesù offre è se stesso: “distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. I giudei ribadiscono la domanda a Gesù attestandosi sulle sicurezze passate: per costruire il tempio occorsero 46 anni e tu in tre lo riedifichi? Stavolta è la memoria viva della Chiesa che da testimonianza, a partire dalla risurrezione: “il tempio di cui il Maestro parlava era il suo corpo”. Solo dopo la glorificazione del Cristo sarà consegnato lo Spirito che è il vero soggetto del ricordo: “lo Spirito vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26). È solo grazie allo Spirito che il “tempio abbattuto e rialzato che è Gesù nella sua pasqua”, acquista senso e diviene ricordo trasformante; 3. Il testo si chiude con lo sguardo di Gesù sulle coordinate che guidano in profondità l’animo umano: “Molti vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo”. Letteralmente si potrebbe dire con altre parole che Gesù “non affidava se stesso a loro”. La conoscenza delle profonde motivazioni che guidano i gesti umani – anche quelli religiosi che intendono legarci a Dio e “legare e quasi costringere Dio a noi come in un commercio” – è assoluta in Gesù. L’adesione di fede che caratterizza chi sta scrivendo e chi legge, è a rischio di inautenticità e superficialità, preda di illusorietà sulla base di una cattiva interpretazione. Nicodemo, che in Giovanni è il protagonista del brano a seguire, lo attesta col suo andar di notte: può forse un uomo nascere di nuovo, rientrare in un grembo?

La parola di Dio che offre senso nella morte in croce di Gesù (1ª e 2ª lettura), sono le vere coordinate spazio temporali. Come ai discepoli, così lo Spirito della pasqua di Cristo ce li faccia ricordare.

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