Nella giornata odierna, 8 aprile 2022, il dott. Roberto Cilona, vice Questore e Capo della DIA di Agrigento ha tenuto, presso la sede DIA di Agrigento, una conferenza stampa nel corso della quale ha illustrato la “Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla DIA” nel primo semestre del 2021 (Leggi qui la Relazione) con particolare riferimento al contesto territoriale agrigentino.
“Consolidare il controllo del territorio – si legge sul sito del Ministero dell’Interno – come condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza. È uno dei fattori messi in evidenza dalla Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2021, presentata al Parlamento dal ministro Luciana Lamorgese. Nella lotta contro la criminalità organizzata, poi, una particolare attenzione è stata posta all’aggressione dei beni illecitamente accumulati dalle mafie mediante gli strumenti dell’azione giudiziaria e delle misure di prevenzione patrimoniali. I dati illustrati mostrano, infatti, che nel primo semestre 2021, sono stati, in particolare, effettuati sequestri per oltre 93 milioni di euro e confische per circa 130 milioni di euro. Le imprese monitorate sono state 933 mentre quelle controllate nell’ambito delle attività di accesso ai cantieri sono state 181. Di rilevanza, poi, l’attività di contrasto realizzata con l’emissione di 455 interdittive antimafia, mentre sono 68.534 le segnalazioni per operazioni sospette. La disponibilità dei capitali illecitamente acquisiti dalle mafie – secondo quanto evidenzia la Relazione – potrebbe incidere, mediante le attività di riciclaggio, sulla capacità di inquinare l’economia e di infiltrare la pubblica amministrazione per intercettare le risorse pubbliche immesse nel ciclo produttivo. La Relazione delinea, inoltre, le probabili direttrici d’azione futura delle mafie soffermandosi sulla loro capacità di infiltrare l’economia. Un particolare focus di approfondimento è stato, poi, dedicato all’evoluzione della normativa internazionale e italiana volta a fronteggiare il fenomeno del riciclaggio. Nel dettaglio, le cosche calabresi della ‘ndrangheta in una sorta di modello criminale fluido si presentano sempre più capaci di allacciare relazioni sia con le organizzazioni leader nel narcotraffico, sia con funzionari e rappresentanti degli enti locali, imprenditori e liberi professionisti, la cui collaborazione appare strumentale alla realizzazione degli affari illeciti connessi con l’infiltrazione nell’economia.
In Sicilia si confermano le dinamiche operative e gli assetti strutturali in base ai quali famiglie di “cosa nostra” coesistono e talvolta stringono alleanze con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate, ma ugualmente aggressive…
Da segnalare, inoltre, come i sodalizi mafiosi, avvalendosi sempre più delle possibilità offerte dalla tecnologia, continuino ad orientarsi verso settori del gioco d’azzardo (gaming) e delle scommesse (betting) realizzando circuiti paralleli a quello legale allo scopo sia di riciclare, sia di incrementare le cospicue risorse a disposizione”.
“Nella provincia di Agrigento ( cfr. pag.77 della Relazione) è ormai assodata la presenza di cosa nostra e della stidda. Si tratta di due realtà mafiose distinte e entrambe storicamente radicate nel territorio che hanno raggiunto un livello di convivenza finalizzato alla risoluzione di problematiche comuni, nonché alla individuazione e alla spartizione delle attività criminali da perpetrare sul territorio di competenza. In alcuni comuni della provincia girgentina inoltre risulterebbero essere attivi gruppi su base familiare quali le famigghiedde e i paracchi che agiscono secondo le tipiche logiche mafiose non contrapponendosi a cosa nostra e alle consorterie stiddare e addirittura agendo spesso d’intesa con le stesse o in ruoli di cooperazione ovvero subalternità…
La struttura di cosa nostra agrigentina tuttora suddivisa in 7 mandamenti nel cui ambito opererebbero 42 famiglie ha fatto registrare alcune variazioni emerse da una recente attività? investigativa che ha documentato il “transito” della famiglia mafiosa di Licata (AG) dal mandamento di Palma di Montechiaro a quello di Canicatti?. In seno alla realta? criminale della provincia agrigentina cosa nostra continua a rivestire un ruolo di supremazia evidenziando un’organizzazione strutturata in maniera verticistica da sempre ancorata alle tradizionali regole mafiose e in stretta connessione con le omologhe ar- ticolazioni mafiose catanesi, nissene, palermitane e trapanesi del resto non disdegnando di intrattenere rapporti anche con realtà criminali “oltre lo Stretto…”
Nel video il dott. Roberto Cilona