Don Tonino Bello: un nuovo Beato per la Chiesa, un esempio d’impegno civile per tutti

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Caro diario,
come ben sai, lo scorso 20 aprile il Papa è stato a Molfetta per una visita pastorale nei luoghi di “Don Tonino”, l’ormai prossimo beato pugliese, “Vescovo della gente”, sacerdote che amava scavare in quelle “periferie esistenziali” tanto care anche al nostro Francesco. Mons. Antonio Bello (“Don Tonino”, appunto, come a tutti si presentava e da tutti voleva essere chiamato) fu Vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi dal 4.9.1982 fino alla morte (20.4.1993). Per anni condivise il Vescovado con famiglie di sfrattati ed extracomunitari, vivendo da povero fra i poveri, fondò una Casa d’Accoglienza per tossicodipendenti e sul suo stemma episcopale volle riportato questo versetto del Salmo 34: “Gli umili ascoltino e si rallegrino”. Pubblicò vari libri e fu anche Presidente Nazionale di “Pax Christi”, carica che visse “sul campo” fino agli ultimi giorni. Tra l’altro, infatti, pur in fase terminale per una terribile tipologia di cancro, volle lo stesso andare a Sarajevo, il 7 dicembre 1992, per partecipare, con un suo intervento, ad una manifestazione per la Pace in tale città, a quel tempo bersagliata e devastata da bombardamenti, rifiutando un alloggio più sicuro e pretendendo una condizione di rischio senza nessun privilegio, anche minimo. Presto, dicevo, sarà Beato. E, nell’attesa, vorrei ricordarlo qui con alcune sue frasi. POVERO. “Se smaniate per diventare ricchi, se smaniate per le carriere rampanti, per scavalcare gli altri nel fare strada, se smaniate per avere il doppio, il triplo stipendio, usciamo da questa Chiesa! Se in casa vostra permettete che vadano avanti la logica dell’accumulo, del lusso, dello spreco, della mentalità borghese, del prendersi una, due, tre o quattro macchine, usciamo da questa chiesa!”.
RATTRISTATO. “Purtroppo, in questo mondo, dove 50 milioni di persone muoiono ogni anno per fame, il pane, da segno di comunione, s’è trasformato in simbolo di scomunica ed è divenuto il discrimine sul cui filo passa la logica della guerra. Viene accaparrato dagli ingordi, non condiviso con i poveri”.
CONCRETO. “Non possiamo rimanere in chiesa; la Messa è una forza che spinge fuori!… La Messa obbliga ad abbandonare la tavola, sollecita all’azione, spinge a lasciare le nostre cadenze residenziali. Ci stimola ad investire il fuoco che abbiamo ricevuto in gestualità dinamiche e missionarie. Se non ci si alza da tavola, l’Eucaristia rimane un sacramento incompiuto”.
SPERANZOSO. “La nostra esistenza non è inutile. Il nostro dolore alimenta l’economia sommersa della Grazia….La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo nella stessa misura in cui la Passione di Gesù sorregge il cammino dell’Universo verso il traguardo del Regno”.
REALISTA. “Non ci fidiamo più l’uno dell’altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è divenuto organico nei rapporti col prossimo. Il terrore d’essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi dietro i cancelli dei nostri recinti”.
MOTIVATORE. “A coloro che si sentono falliti: la riuscita di un’esistenza non si calcola con i parametri dei fixing di borsa. E i successi che contano non si misurano con l’applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle… Da quando l’Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sulla condizione dei fischi che si rimediano, o dei naufragi in cui annegano i sogni”.
PACIFISTA. “Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la Pace non e’ un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. La Pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi d’incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale vita pacifica”.
Colpiti al cuore, in pieno, caro diario.

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