È ritornata a Dio la prof.ssa Ave Gaglio: “per i miei funerali non si parli di me… sulla bara solo una rosa bianca”

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Il 7 giugno, solennità del Corpus Domini, è ritornata alla casa del Padre la prof.ssa Ave Gaglio. Era nata 97 anni fa da Michele Gaglio, insigne penalista e docente di greco e latino e Maria Finazzi, sorella del compianto sindaco di Agrigento Giovanni Finazzi. Stimata docente di lettere di numerose generazioni, protagonista della vita sociale e culturale della Città, figura di spicco della Chiesa agrigentina, nota per il suo impegno in seno all’Azione Cattolica, fondatrice dell’Opera dei Tabernacoli, degli Amici del Seminario per la promozione delle vocazioni e promotrice e collaboratrice fin dalla sua fondazione, nel dicembre del 1955, del nostro settimanale. Le esequie si sono tenute martedì 9 giugno alle ore 16 nella Basilica dell’Immacolata di Agrigento. A presiedere il rito delle esequie, attenendosi alle dispizioni che Lei stessa ha dato, il card. Francesco Monetenegro, presenti numerosi presbiteri, provenienti da tutta la provincia, il seminario di Agrigento, i nipoti, parenti e tante persone che in vita hanno avuto modo di apprezzare le doti di questa donna di fede, azione e preghiera, innamorata della Chiesa con una predilezione particolare verso i bisognosi.

Come una coppia di sposi che preparano la messa del giorno più bello della loro vita, la prof.ssa Ave Gaglio ha preparato per tempo, fin minimi particolari, i propri funerali, dando disposizioni scritte in merito al luogo, la Basilica dell’Immacolata; ai canti, ha chiesto di ciclostilare un foglio perchè tutti potessero cantare; ha scelto le lettura della messa, l’inno alla carità di 1 Cor.13, 1-7 come prima lettura, il salmo 62 “l’anima mia ha sete del Dio vivente”, il Vangelo delle dieci vergini sagge e delle dieci stolte  di Mt 25, 1-13; ha dato anche delle indicazioni per il celebrante e per l’omelia: “non si parli della mia persona… Commentare le letture, o fare riferimento a quanto scritto sulla lapide: «Cercate le cose di lassù». Aiutare a contemplare il mistero della morte. È l’ultimo mio servizio alla Chiesa che tutto mi ha dato». Ha dato indicazioni anche in merito ai fiori: “mettere sulla bara una rosa bianca”, “le composizioni dell’altare fatte con gelsomini e margherite (fiori che costano poco)”. “Spese esequiali le più povere”. Ha pure pensato al manifesto che annuncia la sua morte: “È ritornata alla vita eterna Age Gaglio. Chiede carità di suffragi”. “Sulla lapide ha voluto che si scrivesse: “Cercate le cose di lassù”. Ha predisposto un testamento spirituale ed un ricordino da lei redatto che sono stati distribuiti ai presenti al termine della Messa. Tutto preparato nei mini particolari, come precisa e puntuale era nell’organizzare le varie attività di cui fu animatrice e promotrice.

Durante l’omelia il card. Montenegro si è attenuto alle volontà della prof.ssa e commentando le letture ha detto: “dalle letture viene fuori un messaggio: la risurrezione consiste nella carità concreta e nell’attesa gioiosa dello sposo con l’attenzione ai piccoli vasi da riempiere di amore… il Signore invitandoci ad amare a saperlo attendere ci chiede di vivere la risurrezione già al presente. Ave – ha detto il cardinale – non si è limitata credere nella risurrezione, ma ha vissuta da risorta, ha vissuto per Cristo ed ha sempre testimoniato il suo amore”. “Ave, ha detto l’arcivescovo, ha chiesto che in questa celebrazione non si parlasse di Lei, se mi discosto da queste indicazioni è solo per dire a me stesso e a voi che il vangelo della risurrezione e dell’amore non è un’utopia, nè una bella parola ma una avventura che può essere vissuta e che ci sono in mezzo a noi uomini e donne che scommettono tutto sul vangelo». Dopo avere ricordato la figura della prof.ssa Ave il suo impegno ecclesiale, sociale e culturale, il rapporto con il seminario e con i sacerdoti, l’incontro con mons. Fasola ed il servizio reso alla Chiesa agrigentina, il cardinale ha concluso dicendo che “la vita del cristiano acquista un senso solo nella misura in cui ama. La vita di Ave è stata una vita piena d’amore, si è sentita amata dal Padre e questo amore lo ha donato a tutti, soprattutto ai sacerdoti ed ai bisognosi, con una vita fatta di preghiera e di azione… C’è un modo – ha concluso il cardinale – di ricordare e onorare la sua memoria ed è vivere come lei ci ha testimoniato, abbracciare il suo diario di amore, pregare come lei ha pregato, lavorare per la Chiesa come lei ha lavorato, amare le vocazioni e i sacerdoti come lei li ha amati,  saper sorridere anche in mezzo alle difficoltà come lei ha sorriso e saper stare nel mondo sempre con il lievito del Vangelo come lei ha fatto”.

Prima del concedo ha preso la parole una nipote della prof.ssa Ave che ha ringraziato i presenti e sono stati letti i messaggi di mons. Lugi Bommarito che la ricorda come “donna di grande amore alla verità, all’Eucaristia, alla Chiesa, al Seminario, alle vocazioni, ai sacerdoti, ai poveri” e di mons. Carmelo Ferraro, donna, scrive “che ha fatto risplendere la sua missione di educatrice appassionata, modello di radicale consacrazione al servizio del Regno di Dio, apostola delle vocazioni sacerdotali, missionaria animatrice della preghiera di domanda per avere operai nella Messe, discepola formata a vivere in santità da sua eccellenza mons. Fasola – fu esempio per il laicato cattolico impegnato nella società e nella comunità ecclesiale”.

C.P.

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Il testo integrale dell’omelia del Card. Franmcesco Montenegro

Le letture or ora ascoltate ci presentano alcuni fra i misteri fondamentali della nostra fede.
L’inno alla carità di S. Paolo è come una sintesi di tutto il Vangelo; in esso l’apostolo, pur non parlando direttamente di Gesù, ne scandisce i lineamenti fondamentali. Come Gesù è l’amore del Padre diventato visibile; così il cristiano deve vivere come Gesù e lasciarsi guidare da questa carità così alta e così concreta. Gesù poi nel discorso sul giudizio finale ci ha ricordato che saremo giudicati sulla carità. Se la definizione più completa che abbiamo di Dio è l’amore, quella più bella per il cristiano è la carità; chi ha incontrato l’Amore non può non vivere la carità; da essa si fa guidare nei gesti di ogni giorno in attesa di viverla pienamente in Cielo, quando non smetteremo di amare. Nel Vangelo, attraverso la parabola delle dieci vergini Gesù ci ricorda che verrà il momento dell’ incontro con lo Sposo, e che dobbiamo attrezzarci per vivere bene l’attesa. Tutte si addormentano, anche le sagge, ma queste entrano alla festa perché avevano portato dell’olio in piccoli vasi. L’olio e i piccoli vasi sono segno degli strumenti di cui tutti abbiamo bisogno per l’incontro con Dio! L’olio della speranza, per alimentare la fiammella della fede; e i piccoli vasi, i piccoli gesti di ogni giorno, quei contenitori minuscoli dove  tante volte mettiamo lacrime e sofferenze; piccoli vasi da riempire di umiltà, dedizione, sacrificio, mitezza; piccoli vasi ma preziosi, necessari per la festa finale!
Dalle letture viene fuori un messaggio: la risurrezione consiste nella carità concreta e nell’attesa gioiosa dello Sposo con l’attenzione ai piccoli vasi da riempire di amore.
Questo dovremmo ricordare ogni volta che celebriamo un rito di esequie, per evitare di restare disorientati dal dolore per la morte di una persona cara. Tutti avvertiamo un senso di sconfitta davanti ad una bara ma la fiammella del cero pasquale ci ricorda che “il prodigioso duello” fra morte e vita è stato vinto dalla morte del Crocifisso, dal Vivente, da Colui che è la vita e dà la vita a tutti.
Con fede viviamo questo momento nel quale consegniamo insieme – sacerdoti, seminaristi, amici del Seminario e quanti l’hanno conosciuta – al Signore questa creatura prediletta del Padre.
La Parola di Dio appena ascoltata e il messaggio di risurrezione e di speranza di cui è intriso il rito delle esequie ci aiutano a capire meglio non solo il mistero della morte ma anche quello della vita. Anzi, è proprio riflettendo sulla morte che impariamo tanto sulla vita stessa. Il Signore, invitandoci ad amare, a saperLo attendere, a scommettere sui piccoli vasi, ci chiede di vivere la risurrezione già al presente con una vita impastata di amore.
Ave non si è limitata a credere nella risurrezione ma ha vissuto da risorta; da quando ha maturato che Gesù poteva essere il suo Tutto, ha sempre vissuto per Lui e ha sempre testimoniato il suo amore. Nella sua grande umiltà, la nostra sorella, ha lasciato delle indicazioni precise su questa S. Messa di esequie, indicando canti, letture e preghiere; ha anche chiesto che non si parlasse di lei. Se mi discosto da questa indicazione è solo per dire a me stesso e a voi che il Vangelo della risurrezione e dell’amore non è un’utopia, nè una bella favola, ma è un’avventura che può essere vissuta e che ci sono in mezzo a noi uomini e donne che scommettono tutto su questo Vangelo.
Il clima di grande apertura mentale respirato in famiglia e gli orizzonti che davanti a lei si aprivano con gli studi classici la portarono, sin da giovane, ad impegnarsi attivamente su più fronti. Negli anni difficili della guerra e della faticosa ricostruzione, la giovane Ave partecipò attivamente alla vita ecclesiale e ai fermenti che si sperimentavano all’i nterno della società. Il suo inserimento nell’Azione Cattolica le consentì di avere una visione di chiesa molto completa e, soprattutto, di amare la diocesi che iniziò a girare in lungo e in largo per formare altri giovani agli ideali cristiani e per coinvolgerli nell’animazione del sociale.
Certamente fu decisivo per lei l’incontro con il servo di Dio Mons. Francesco Fasola. Il contatto con la mitezza, il sorriso, la profondità, la dolcezza del Vescovo arrivato da Novara è stata l’occasione di cui il Signore si è servito per far scaturire nel cuore della giovane Ave, il desiderio di una vita totalmente spesa per Lui. Da Mons. Fasola ha accolto un piccolo seme che poco alla volta in lei diventerà un grande albero: l’amore per il Seminario e per i sacerdoti. Mons. Fasola aveva investito molto sul Seminario creando una rete di persone che prendessero l’impegno a pregare, a sostenere e a stare accanto ai giovani che si preparavano a donare la loro vita al Signore. La Signorina Ave si è sentita subito coinvolta in quest’opera tanto da farla diventare il motivo principe della sua vita. Guida così, anima e forma il gruppo degli “Amici del Seminario”. Era solita chiamare i giovani del Seminario “i miei seminaristi” indicando con questo aggettivo non un egoistico possesso ma il motivo identitario della sua vita; è come se dicesse: “siete il motivo della mia vita, per questo vi sento miei”. L’ amore per il Seminario l’ha portata ad accettare le sfide della nostra diocesi nella stagione del Concilio e negli anni difficili che seguirono. Dopo il trasferimento di Mons. Fasola, la Signorina Ave, continuò la sua opera collaborando attivamente con Mons. Petralia, Mons. Bommarito, Mons. Ferraro. Con me ha tenuto un bel rapporto di amicizia già da Messina. Non penso di esagerare o di sbagliare se affermo che il volto del nostro Seminario, passato e presente, è quello che è grazie alla misericordia di Dio, ma anche grazie all’impegno, alla generosità, alla dedizione e alla preghiera della nostra cara Ave e di quanti lei è riuscita a coinvolgere impegnandole a sostenere i ragazzi non solo con la preghiera ma anche concretamente con la realizzazione di borse di studio e di altri sussidi materiali che sono stati l’espressione concreta della Provvidenza.
La conoscenza dei seminaristi le ha consentito di accompagnarli amorevolmente anche durante lo svolgimento del loro ministero. Con loro si rendeva sempre presente in occasioni festose come in momenti difficili o di crisi. Lo faceva con la sua voce delicata e incisiva e con quel particolare “ministero” che era dato dalle sue lettere piene di sapienza, di amore materno, di Vangelo. Ogni sacerdote potrebbe testimoniare questo immenso amore ricevuto con la modalità semplice e bella come quella di una mamma.
Da ciò ricaviamo un insegnamento che supera il dolore di questo momento: la vita del cristiano acquista un senso solo nella misura in cui ama. La vita della nostra sorella Ave è stata una vita piena di Amore. Si è sentita amata dal Padre, nella preghiera personale e nell’Eucarestia si è saziata di questo Amore e questo stesso Amore ha donato a tutti, soprattutto ai sacerdoti riconoscendone la grandezza di mistero di cui sono portatori ma anche la fragilità umana che li caratterizza. La nostra sorella Ave ha colto la centralità della Risurrezione con una vita piena di Amore e sempre testimoniata con il sorriso, con il distacco dalle cose di questa terra e con una spiritualità fatta di preghiera e di azione.
Umanamente saremmo portati a pensare che da oggi siamo più poveri, perché privi di lei e di ciò di cui è stata capace. Ma se leggiamo nella sua morte, come nella sua vita, un segno dell’amore del Padre, la nostra serena accettazione di quest’ultimo atto, diventa il modo più immediato per restituire a Dio quello che da Lui abbiamo ricevuto. C’è un modo per ricordare e onorare la memoria della professoressa Ave: è vivere come Lei ci ha testimoniato, è abbracciare il suo ideale di Amore, è pregare come Lei ha pregato, è lavorare per la chiesa come Lei ha lavorato, è amare le vocazioni e i sacerdoti come lei li ha amati, è saper sorridere anche in mezzo alle prove come Lei ha sorriso, è saper stare nel mondo sempre con il lievito del Vangelo come Lei ha vissuto…in una sola parola, è imitandola che mostreremo come il suo passaggio da questa terra è stato ricco e pieno di grazia. Ai giovani seminaristi e ai confratelli chiedo di fare tesoro di questo piccolo vaso di amore che il Signore ci ha voluto regalare con la nostra sorella Ave; certamente dal Cielo lei ci assiste e continua a pregare per noi.
In conclusione permettetemi di ringraziare quanti insieme alla signorina Ave hanno portato avanti le opere nelle quali Lei ha creduto: gli amici e le amiche del seminario, i soci dell’Opera dei tabernacoli, gli amici di Mons. Fasola, i benefattori e coloro che le sono stati accanto durante la sua vita lavorando con lei, il più delle volte nel silenzio assoluto. Un grazie ai familiari e un grazie di cuore a quanti l’hanno amorevolmente assistita negli ultimi anni della sua vita, quando anche dal letto del dolore non ha smesso di essere un dono prezioso per tutti.
Il suo nome “Ave” esprime anche il suo grande amore per la Vergine Maria. Ma “Ave” non è  stato solo il nome di questa nostra sorella; mi piace pronunciarlo come il saluto col quale Dio ci ha raggiunto in questi 97 anni della sua vita. Al Padre oral’affidiamo salutandola con il suo stesso nome:
“Per te, Ave, sorella, amica, confidente, compagna di viaggio di tutti noi, per te, figlia preziosa di questa Chiesa, per te che hai amato tutti con cuore di madre, per te preghiamo affinchè il Padre ti accolga alla grande festa di nozze, tu che vie arrivi con la lampada della speranza accesa e con i tuoi piccoli vasi pieni di amore e di delicatezza; vasi ai quali anche noi tante volte abbiamo attinto per il nostro pellegrinaggio; per te invochiamo la misericordia del Padre affinchè insieme alla chiesa celeste continui ad accompagnare i passi di questa nostra chiesa diocesana, fino a quando anche noi raggiungeremo la pienezza dell’Eternità. Amen”