Il Nuovo Testamento riporta ben quattro brani che annunciano quello che, sinteticamente, definiamo come “racconto dell’istituzione dell’Eucarestia”. Quattro recensioni che in realtà, dicono gli studiosi della Scrittura, si raccolgono a due a due, riferendosi a due tradizioni diverse: da un lato, quella più breve, di Matteo al capitolo 26, versetti 20-29 e di Marco 14,17-26; dall’altro Luca 22, 14-20 e Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi 11,23-26.
Da queste due matrici bibliche, discenderebbero anche due diverse tradizioni liturgiche: quella della Chiesa di Antiochia per Paolo e Luca; quella della Chiesa di Gerusalemme per Marco e Matteo. Grazie alla poliedrica attestazione biblica, teologica e liturgica di ciò che chiamiamo il dono eucaristico di Cristo, la Chiesa è sempre richiamata al senso della comunione e al rifiuto del fondamentalismo. Siamo ammoniti perciò Marco 14,12-16.22-26 che leggiamo nella solennità del Corpus Domini, ci riporta alla fase conclusiva della vita terrena di Gesù.
Introdotti da una che non è solo di valore cronologico – il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la pasqua – si succedono due quadri. Si tratta di due brevi unità che descrivono dapprima i preparativi ai vv. 12-16; poi i gesti e le parole di Gesù sul pane e sul vino vv.22-26. Viene omessa, dal testo liturgico, il tradimento di Giuda. Vediamo di seguito, in breve dettaglio, questi due piccoli quadri.
Innanzitutto Marco riporta la particolarissima attenzione di Gesù ai preparativi. “Il primo giorno degli Ázzimi, quando si immolava la Pasqua i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la pasqua?». Articolata la risposta: Gesù comanda a due discepoli di entrare in città, seguire un uomo che inconsuetamente porta una brocca d’acqua e a chiedergli: “Il Maestro dice: dov’è la mia stanza, in cui possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una grande sala, al piano superiore, arredata e già pronta”. Tanta attenzione ai preparativi da parte di Gesù, conferisce a quell’ultima cena il valore di banchetto e di pasto testimoniale. La parola di Gesù prepara gli eventi, li illumina profeticamente: Egli stesso prepara la sua Pasqua. In Marco la pasqua è senza agnello: è ormai il Cristo-agnello che offre l’Alleanza nuova nel suo sangue. Della 2ª unità, detta “dell’istituzione dell’Eucarestia”, cogliamo la ripresa da parte di Gesù degli elementi della Antica Alleanza (prima lettura, Esodo 24,3-8). Il Signore al Sinai ha parlato al popolo per mezzo del mediatore Mosè, è la sua parola è giuramento – Alleanza di fedeltà. il popolo ad una sola voce, per ben due volte, rispose: “tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!”. Il sangue degli animali, segno della sacralità della vita dono di Dio, suggella l’Alleanza mediante l’aspersione sui contraenti: l’Altare di Dio e il popolo. Questi elementi Gesù riprende e li lega intimamente a se: Egli è mediatore, parola incarnata, ed offerta sacrificale. L’atto di culto supremo ed insuperabile, è una offerta di reale “carne e sangue”, tutt’uno con il mediatore fra i contraenti. “Questo è il mio corpo che è per voi… questo calice è l’alleanza nel mio sangue”. La prima espressione è più chiaramente intesa grazie alla seconda che la completa e la spiega: il sangue del servo di JHWH sparso è la totalità della sua vita. “Prendete”, disse Gesù. “Ne bevvero tutti”. “Questo calice è l’alleanza nel mio sangue”. Oppure: “il mio sangue è l’Alleanza”. Il rapporto tra Gesù e i suoi stava per dissolversi, ed Egli – con azione profetica – lo stabilì nuovo ed eterno, con Parola intrisa di sangue di vita.
Una dinamica reale alla quale la Chiesa, in ogni domenica di in ogni tempo, con la Messa torna a riferirsi, per essere nel mondo “segno e strumento dell’intima comunione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. L’unico fondamentalismo consentito a chi fa comunione con Cristo.