La Chiesa agrigentina, domenica 29 dicembre 2024, così come indicato da Papa Francesco nella bolla d’indizione del Giubileo “Spes non confundit”, ha aperto l’Anno Giubilare «Pellegrini di speranza» Nel pomeriggio della Domenica dedicata alla festa della Santa Famiglia, i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutto il popolo fedele dell’arcidiocesi di Agrigento, hanno accolto l’invito dell’Arcivescovo Alessandro e, dalle parrocchie dei 43 comuni del territorio, sono convenuti numerosi, ben oltre le aspettative, per la liturgia stazionale in Piazza Vittorio Emanuele da dove, dopo la proclamazione del vangelo e la lettura di alcuni brani tratti dalla “Spes non Confondi” si è snodato il pellegrinaggio, che ha aperto l’Anno Giubilare diocesano.

“In comunione con la Chiesa universale – ha detto il Vescovo nell’introdurre il cammino -mentre celebriamo l’amore del Padre che si manifesta nella carne del Verbo fatto uomo e nel segno della croce, àncora di salvezza, apriamo solennemente l’Anno Giubilare per la nostra Chiesa di Agrigento. Questo rito – ha detto – è per noi preludio di una ricca esperienza di grazia e di misericordia, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi, specialmente in questo tempo di guerre e di disordini”.
Tutti, Pastore, chiesa ministeriale, popolo fedele, preceduti dalla Croce gloriosa, cantando inni di lode, attraverso via Gioeni, via Plebis Rea e via Duomo sono arrivati, nell’ultimo tratto pregando la litania dei santi, sul sagrato della Cattedrale, dove il vescovo ha invitato i presenti a venerare la Croce gloriosa e introdotto l’assemblea in cattedrale dando inizio alla celebrazione Eucaristica, mentre il coro diocesano cantava l’inno del Giubileo. Alla Messa erano presenti i rappresentanti del patriarcato ortodosso di Romania, le autorità civili e militari del territorio.
Nel video l’inizio del pellegrinaggio
«Il Giubileo, posto nel segno della speranza – ha detto mons. Damiano nell’intervento omiletico (ascolta qui) -, è l’opportunità ridata al Corpo di Cristo che è la Chiesa di accogliere nuovamente la vita eterna e rimetterla in circolo fra le sue membra. È l’occasione – ha proseguito – per rendere nuovamente umani e sempre più vivibili tutti quegli spazi dell’esistenza personale e comunitaria che abbiamo privato della speranza cristiana e riempito di illusioni che ci ostiniamo a chiamare, solo impropriamente, speranza. E allora è necessario riconciliarci — prima che con Dio, con il nostro prossimo e con noi stessi — con il dramma della tribolazione e della sofferenza, che — tanto nell’esperienza dell’amore quanto in quella della fede — ci permette di esercitare la pazienza e di prepararci a una speranza capace di non cedere all’insoddisfazione e alla chiusura (cf. Rm 5,3-4; Spes non confundit, 4).
Solo così – ha notato – la speranza “non delude”, proprio perché “non confonde” (come suggerisce la traduzione letterale del “non confundit” di Rm 5,5), cioè perché ci fa vedere le cose come sono, smascherando l’equivoco che ce le fa sembrare come le vorremmo. È necessario, inoltre, che riscopriamo il bene che c’è in noi e attorno a noi e resistiamo – ha esortato – alla tentazione di sentirci sopraffatti dal male (cf. Spes non confundit, 7). Se non ci può essere Giubileo senza la grazia di Dio – ha detto mons. Damiano, citando il suo messaggio alla Chiesa agrigentina per l’Avvento 2024 – non ci può essere Giubileo neppure se manca in noi la capacità di riconoscere il bene e il desiderio di ricercarlo, la perseveranza nel custodirlo dopo averlo trovato e la fatica di ripristinarlo dopo averlo perduto». Commentando la liturgia della parola della festa della Santa Famiglia ha evidenziato come “ il testo del Vangelo e quello tratto dal libro primo di Samuele presentano, partendo dalla famiglia, due modalità educative: Anna e Elkanà, Maria e Giuseppe … non si può non rilevare la distanza enorme che separa questi testi antichi dalla sensibilità e dal contesto culturale odierni circa la famiglia. Il clima di religiosità vissuta e di profonda fede condivisa tra Anna e Elkanà, che li conduce a portare e a lasciare al santuario del Signore a Silo, dal sacerdote Eli, il figlio ottenuto grazie alle preghiere di Anna, è distantissima – ha notato – dalla realtà della maggioranza delle famiglie odierne che hanno smarrito la dimensione di “trasmissione della fede”. La fedele pratica religiosa di Giuseppe e Maria che “si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua” (Lc 2,41), contrasta anch’essa con il clima tranquillamente secolarizzato in cui, in molti, si vive oggi.»
Ha poi invitato i presenti a riflettere: «Chiediamoci, ha detto ai presenti che gremivano in ogni ordine di posti la Balistica: quale è, oggi, la consapevolezza della trasmissione della fede in famiglia e la condivisione della “pratica” religiosa genitori/figli? È possibile “smarrire Gesù”, Maria e Giuseppe si “perdono” Gesù: «Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme … dopo tre giorni lo trovarono nel tempio». Sì! È possibile – ha detto – “smarrire Gesù”, anche a noi. Questo non ci deve turbare, deve, semmai, interrogarci dove cercarlo. Il Giubileo – ha proseguito – ce ne da l’opportunità».
Ha poi condiviso cinque tracce per essere pellegrini di speranza e «salvare di questi tempi l’unica cosa che veramente conti, un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio» (E. Hillesum):
- Restituire a noi stessi la percezione di essere abitati dallo Spirito Santo, che ci metta nelle condizioni di accogliere e vivere la vita nuova;
- restituire a Dio il volto di Padre misericordioso, che soppianti quello più comunemente diffuso di giudice implacabile;
- restituire al Vangelo il suo vero contenuto, che riesca a scuoterci e a metterci seriamente in discussione;
- restituire a ogni persona la dignità umana, che spesso siamo portati a negare e offendere;
- restituire alla comunità cristiana la concretezza di un cristianesimo vissuto, che la preservi dal rischio di un cattolicesimo convenzionale e formale».
Con tono fermo ha invitato «tutte le comunità locali e in particolare, al loro interno, i parroci e i consigli pastorali, quali organismi di partecipazione e di corresponsabilità, insieme alle aggregazioni laicali e alle varie espressioni della vita religiosa, a trovare spazi di confronto per chiederci come stiamo vivendo e annunciando tutto questo e come il Giubileo possa aiutarci a orientare in tale direzione il nostro cammino ecclesiale.
Invito tutti – ha proseguito – a metterci seriamente in questione su come stiamo contribuendo — ciascuno nel proprio stato e nella propria condizione — a trasformare i “segni dei tempi” in “segni di speranza”, a partire da quelli più evidenti che Papa Francesco ci indica nella Spes non confundit (nn. 8-15) per finire a quelli più nascosti di cui il nostro territorio è pieno, domandandoci se stiamo sostenendo ovvero ostacolando questa trasformazione» (cf. Messaggio per l’Avvento 2024).
«A nulla serve il Giubileo – ha ribadito l’Arcivescovo – , se non siamo disposti a lasciarci coinvolgere in un vero cammino che ci riporti a Dio e agli altri: soprattutto a quelli con cui pensiamo di non aver più nulla da dividere, per il male che ci hanno fatto o per quello che noi abbiamo fatto a loro; e a quelli a cui neppure pensiamo, perché l’indifferenza e l’egoismo ci hanno impedito finanche di accorgerci della loro esistenza. A nulla serve il Giubileo, se attraversiamo le porte sante delle Chiese, ma schiviamo quelle — non meno sante — della vita». Il Giubileo, una pioggerella di misericordia che bagna tutti, è per tutti, per tutti coloro che non vi si sottraggono.
Infine, ha ricordato quanto disposto nel decreto (qui) per l’Anno Giubilare circa la scelta delle chiese giubilari per l’Anno Santo: «Chiesa giubilare – ha detto – sarà la Chiesa Cattedrale, madre di tutte le chiese e dei fedeli della nostra Arcidiocesi; inoltre, per favorire quanti non potranno compiere il pellegrinaggio nella Chiesa Cattedrale e, seguendo idealmente il cammino di santità di alcuni nostri fratelli che hanno vissuto la vita nuova in Cristo e sono modelli di fede per tutti, sono da considerarsi chiese giubilari:
- il Santuario di Sant’Angelo di Licata;
- il Santuario di Giacinto Giordano Ansalone, chiesa madre di Santo Stefano Quisquina;
- la Basilica di San Calogero al Monte di Sciacca;
- il Santuario Madonna della Rocca di Canicattì, chiesa che custodisce i resti mortali del Venerabile p. Gioacchino La Lomia;
- il Santuario Maria SS. degli Infermi, chiesa madre di Raffadali che custodisce il fonte battesimale in cui ha ricevuto il Battesimo il Beato Francesco Spoto;
- il Santuario Maria SS. di Porto Salvo di Lampedusa.
In queste chiese giubilari – ha detto – si potrà accogliere il dono dell’indulgenza alle solite condizioni…”
Insomma, il 29 dicembre la Chiesa agrigentina – nonostante la numerosa partecipazione, oltre ogni aspettativa, che ha creato qualche comprensibile disagio – ha vissuto un bel momento di vita ecclesiale, grazie anche al lavoro sinergico di tutti coloro (forze dell’ordine e di soccorso, volontari, il referente diocesano per l’Anno Santo) che hanno reso possibile, partecipata, raccolta e solenne la celebrazione. Una partecipazione di popolo che mi piace leggere, per l’Anno Santo nel quale siamo stati introdotti, come premessa e desiderio di essere pellegrini di speranza che vogliono riconfermare il desiderio e la volontà di aggrapparsi – come scrive il Santo Padre – “alla speranza che non tramonta, quella in Dio” sapendo che Lui è “un’àncora sicura e salda per la nostra vita”.
Carmelo Petrone
QUI il Video Integrale dell’apertura dell’Anno Santo trasmesso in diretta sul canale YouTube e sulla pagina Facebook dell’Arcidiocesi di Agrigento a cura del Centro per la Comunicazione dell’Arcidiocesi di Agrigento.