mons. Fragnelli al clero agrigentino: “Pirandello, Sciascia, Carrel, O’Connor … provocano la nostra fede”

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Si è tenuto, venerdì 28 agosto, nella Cattedrale di Agrigento, il ritiro spirituale dei presbiteri e diaconi dell’Arcidiocesi di Agrigento, in preparazione all’ordinazione episcopale di mons. Alessandro Damiano. A tenere la meditazione mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo della diocesi di Trapani. Dopo il saluto iniziale dell’Arcivescovo, Francesco Montenegro che ha invitato i presenti a leggere la Cattedrale come metafora della storia ecclesiale e civile della nostra città e arcidiocesi di Agrigento,   ha preso la parola mons. Fragnelli che collegandosi alle parole dell’Arcivescovo ha confidato: “Mi avevano  descritto la Cattedrale di Agrigento come una grande bellezza, però adesso che ci sto dentro posso affermare che è molto ben al di là di quello che avevo immaginato. Stare qui – ha detto, sotto il soffitto ligneo con l’aquila bicipite con lo stemma di Carlo V d’Asburgo – mi riempie l’animo di tanti sentimenti, tra cui quello di dire: come potremmo noi gareggiare e superare tutto ciò?”.  Ha poi citato un aforisma che mette in evidenza il rapporto tra la cultura e l’arte moderna rispetto a quella antica « Siamo nani sulle spalle di giganti», ma anche sant’Agostino,   «Se questi e queste (sono stati capaci di tanto, sono diventati santi), perché io no?» “Questa cattedrale – ha affermato,  guardando il soffitto ligneo della navata centrale su cui sono dipinti i santi agrigentini  –  è come una parola di Dio che è entrata nella storia, che si è incarnata, che ha espresso la gioia e la bellezza del Vangelo”. E proprio sul tema della bellezza si è soffermato nella  riflessione. “In questa Cattedrale restaurata, ha senso pensare a quello che Papa Francesco diceva lo scorso anno  all’Angelus in occasione della festa dell’Assunta”: «Lasciamoci attirare dalla bellezza vera, non facciamoci risucchiare dalle piccolezze della vita, ma scegliamo la grandezza del cielo».

S. Gerlando che predica agli agrigentini.

Penso sia questo il sogno – ha affermato – di chi ha voluto e pensato questa Cattedrale perché tutti, attraverso questo percorso, siano orientati e rapiti dalla bellezza vera”. Ma – ha chiesto e si è chiesto- che cosa significa essere attratti dalla bellezza vera? Chi può ispirare un discorso sul bello? Avremmo bisogno  di poeti, artisti e mistici per essere introdotti nella bellezza di Dio che si rivela nel mistero, nel silenzio, ma anche nella sofferenza e nell’emarginazione. Ha poi parlato ai presbiteri dell’esperienza di un gesuita,  Gustav Schorghoferc, che opera nel campo della pastorale degli artisti a Vienna e che, di recente, ha scritto su “La Civiltà Cattolica”: «La Chiesa occidentale ha in molti modi perso il senso della bellezza, così come ha perso il rapporto con l’arte contemporanea». “Si tratta – ha proseguito il vescovo di Trapani –  di riscoprire la bellezza di questo mondo nel contesto del messaggio evangelico”. Ha fatto poi riferimento al viaggio a Lourdes, da cui era rientrato il giorno prima insieme ad un gruppo di pellegrini…  “Durante il viaggio – racconta – ho letto un libro che imparai ad amare su indicazione del mio rettore,  “viaggio a Lourdes” del medico e scienziato francese Alexis Carrel, premio Nobel per la medicina nel 1912. Scrisse questo diario nel 1903 quando da miscredente, andò col treno a Lourdes semplicemente perché un collega medico all’ultimo momento non ha potuto partecipare al viaggio ed ha accettato di sostituirlo. Mi ha fatto bene – confessa mons. Fragnelli –  rileggere questo testo per intero e capire perché Carrel, dopo la conversione,  dice che «l’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno». Sono le riflessioni di un filosofo positivista, biologo che ha ricevuto il Nobel proprio per gli studi fatti nel campo della biologia, ma il Signore lo ha portato ad andare oltre l’orizzonte della scienza.  Quando, poi,  nel 1935 scrisse un saggio filosofico che lo rese famoso in tutto il mondo,  dal titolo ‘ L’uomo questo sconosciuto’ aveva chiaro l’orizzonte: L’uomo,  questo sconosciuto va letto anche nella luce della fede”. Mons. Fragnelli cita la preghiera che Carrel scrive al termine del viaggio: «Vergine dolce, che soccorrete gli infelici, che vi implorano umilmente, proteggetemi. Io credo in Voi. Voi avete voluto rispondere al mio dubbio con un miracolo manifesto. Io non so vederlo, io dubito ancora. Ma il mio desiderio più vivo, il fine più alto di tutte le mie aspirazioni è di credere, perdutamente, ciecamente credere, senza più discutere, senza criticare. il Vostro nome è più dolce del sole del mattino. Prendete Voi il peccatore inquieto, dal cuore in tempesta, dalla fronte aggrondata, che si consuma nella ricerca delle chimere. Sotto i consigli profondi e duri del mio orgoglio intellettuale giace, disgraziatamente ancora soffocato, un sogno, il più affascinante di tutti i sogni, quello di credere in Voi, di amarvi, come i frati dall’ anima candida».

“Mi sono chiesto – ha proseguito mons. Fragnelli –  se queste sono solo parole di un convertito agli inizi del novecento o sono parole che riguardano anche il nostro tempo, la nostra missione di preti?  Quanta gente  – ha proseguito –  è lontana mentalmente  se non fisicamente da noi perché ci ritiene gente dall’intelligenza chiusa, gente addormentata nella nostra fede beata…

Ho voluto consegnarvi questa testimonianza – ha continuato – perché credo che il nostro tempo è molto più ricco di queste persone che sono alla ricerca di una fede autentica di quanto noi non immaginiamo. Tutti noi – ha detto rivolto ai presbiteri – siamo confessori , siamo persone che ci sforziamo di  ascoltare la nostra gente, e percepiamo qual è il polso profondo della tradizione culturale della nostra Sicilia che ci porta a manifestare esteriormente; c’è, però,  un’anima profonda che dovremmo conoscere sempre di più per servire”. Il vescovo di Trapani ha indicato,  poi, un’ altro percorso da non trascurare: quello di “mettersi in ascolto degli uomini e delle donne che attraverso la letteratura, attraverso quei libri importanti, che non sono legati alla cronaca dell’ultima edizione del premio X o Y ma alla fatica di chi, ha pagato nella propria esistenza la contraddizione dell’esistere e le difficoltà della vita”. Cita, a tal proposito un articolo di Marco Missiroli pubblicato sul Corriere della Sera ,  che tratta del romanzo “Il cielo è dei violenti” di O’Connor, Flannery;  “una donna – dice – che si è fatta carico di tutte le contraddizioni del nostro tempo.  «Voglio essere santa – scriveva –  ma santa con intelligenza, non santa nel senso moralistico del termine, per correggere i comportamenti degli altri, ma santa perché voglio portare tutti all’incontro con Dio, mostri e demoni compresi». In lei, nota Fragnelli,

I puntini barocchi dell’Abside

c’è questo desiderio d’identificarsi con i violenti che entrano nel cielo, identificarsi con Cristo che  dalla croce abbraccia tutti”. A partire da questi elementi ha rivolto a preti e diaconi un invito: “essere anche noi protagonisti della bellezza del Vangelo nel nostro tempo anche nel mondo della letteratura… Questa terra, la terra di Agrigento – ha detto –  è una terra di letterati non possiamo fare a meno di pensare che i vari Pirandello, Sciascia e i tanti altri autori sono quella provocazione che ci dice che quest’uomo ci interessa, questa gente ci interessa, perché – ha detto –  non sono fuori dal Vangelo”. Ha chiesto a tutti di portarli  nella preghiera e – ha affermato –   “anche se non li porteremo nei sacramenti,  li possiamo portare all’altare nel momento in cui celebriamo l’Eucarestia. Questo vuol dire – ha concluso – essere segno nella fede, non rinchiusi in una sacrestia fatta di cose più o meno simpatiche e gratificanti per il nostro ministero… Voglio essere anche scarnificato – ha concluso –  di tutto quello che possono essere le nostre tradizioni, purché tutto questo serva ad abbracciarli”. Infine ha  citato il vescovo favarese mons. Filippo Jacolino, rettore del seminario di Agrigento e poi vescovo di Trapani,  che – racconta mons. Fragnelli –  “è stato il primo modello che mi ha commosso quando sono arrivato a Trapani,  perché don Gerlando Lentini (prete, giornalista e scrittore, di Ribera, autore di oltre settanta pubblicazioni e fondatore e direttore,  per oltre mezzo secolo,  de “La Via”  scomparso lo scorso anno ndr), mi ha inondato di suoi scritti,  facendomi conoscere quest’anima che ha donato se stesso nella malattia per la salvezza della diocesi di Trapani. Nella cattedrale di Trapani, dove si trova la sua tomba, ha detto ai presbiteri, questa sera celebrandolo la Messa mi ricorderò di tutti voi,  di questo momento e di questo misterioso scambio tra le nostre diocesi che il Signore sta permettendo con la nomina di don Alessandro Damiano”.

Redigendo questa sintesi, incompleta,  della meditazione di mons. Fragnelli, confesso che le sue parole mi hanno fatto riflettere e provocato non poco;  nel momento di adorazione successivo ,  mentre contemplavo l’Eucarestia nell’ostensorio sull’altare maggiore  della Cattedrale,  con l’incenso che si innalzava al cielo e sullo sfondo l’abside con la gloria del Paradiso (foto a destra) e ai lati gli stucchi barocchi e le sontuose cornici con i quadroni  di San Giacomo e San Gerlando,  mi sono venute alla memoria le parole di papa Benedetto XVI,  in occasione dell’incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, nel novembre 2009. Le ho riflette. Papa Benedetto, citando Paolo VI, ha detto:  «Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo». Ha affermato che nella visione del bello risplende una realtà superiore: «La via della bellezza ci conduce […] a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità».
Al termine della preghiera mi sono chiesto: riusciremo a cogliere,  come singoli e come Chiesa, questa sfida? Sapremo ancora porci in ascolto degli scrittori, e degli artisti? Sapremo essere, non solo custodi dei beni culturali e monumentali che la storia ci ha consegnato, ma anche “scultori”,”poeti”, “musicisti”,”scrittori”, “artigiani” e “artisti” del bello e del vero  per farci compagni di strada, attraverso questi percorsi,  degli uomini e delle donne del nostro tempo? Sapremo rispondere, insieme a loro,  alle domande del salmo 8 che,  dopo aver cantato l’immensità dell’universo,  celebra l’uomo signore del creato “coronato” da Dio stesso: “… che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi…”

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