L’Associazione turistica Proloco di Porto Empedocle in una nota (vedi) del 21 luglio 2021, indirizzata al dott. Francesco Micciché, sindaco di Agrigento, al dott. Michele Benfari Soprintendente di Agrigento e per conoscenza all’avv. Ida Carmina sindaco di Porto Empedocle, chiede la restituzione della lapide in marmo risalente al 1753 e attualmente custodita all’ex collegio dei Filippini di Agrigento e rivenuta durante i lavori di sgombero nell’ex Chiesa Santa Sofia.
Il presidente della pro loco, Paolo Savatteri, nella richiesta facendo riferimento ad un articolo di stampa del quotidiano La Sicilia del gennaio 2016 (vedi) a firma di Arturo Attanasio, già funzionario del comune di Agrigento, paleografo con esperienza nel settore dei Beni Culturali, avendo diretto la bibilioteca dell’ex Provincia Regionale di Agrigento e i Beni Museali del comune di Agrigento e alla relazione storica (che pubblichiamo sotto) del dott. Luca Festalunga, laureato in storia dell’arte e Operatore Volontario del Servizio Civile Universale presso la Pro Loco di Porto Empedocle, “dai quali risulta – scrive la Pro Loco – che la lapide è di sicura appartenenza alla Torre, chiedono al Soprintendente “confermare l’attendibilità di tutte le informazioni contenute nei documenti allegati e al sindaco del Comune di Agrigento di valutare la giusta restituzione del bene museale al Comune di Porto Empedocle, per la naturale ricollocazione all’interno della Torre Carlo V.”
– La relazione storico-tecnica del dott. Luca Festalunga
La lapide della cappella della Torre Carlo V di Porto Empedocle è una lastra di pietra di Comiso incisa da ignote maestranze siciliane nel 1753 e conservata nel Museo civico dell’ex collegio dei PP. Filippini di Agrigento. La lapide è stata rinvenuta in una sala a ponente della Torre dall’allora podestà di Porto Empedocle, prof. Baldassare Marullo, nel 1925: «Una piccola lapide, ritornata in luce da pochi mesi nella locale torre – ora portata al Museo di Girgenti – e che, collocata nell’ala a destra di essa, segnava la data del 1753. Sebbene in gran parte indecifrabile, vi si può ricavare che la chiesa, di cui stava a ricordo, godeva solo di alcune prerogative ecclesiastiche». Subito dopo il rinvenimento, il reperto fu trasferito per volere dello stesso Marullo presso il Museo civico dell’allora Girgenti, non disponendo in quei tempi Porto Empedocle di alcun luogo idoneo ad un’esposizione museale permanente. Dal 1970, in attesa dell’allestimento del nuovo Museo civico, il manufatto è stato riposto per molti anni in un deposito, l’ex chiesa di Santa Sofia, a piano terra del Palazzo di Città. L’inventario redatto in quell’anno riporta la lapide in oggetto con un’erronea datazione: «lapide di ignoto con iscrizione del 1704 di misura mt. 0,81 x 0,65 di pietra di Comiso». L’opera è poi ricordata nel 1976 dall’arciprete Antonio La Russa nel suo studio sull’edilizia sacra empedoclina, riportando la notizia del Marullo, nonché la concorde ipotesi che il 1753 sia un terminus post quem riguardante la costruzione della chiesa della Madonna del Buon Consiglio, intesa dai locali «chiesa vecchia», oggi auditorium San Gerlando: «da questa lapide poco decifrabile io penso che si devono dedurre due cose: la prima che veniva istituito nella Torre stessa un gran salone a funzionare come chiesetta per i bisogni di culto della poca e laboriosa popolazione che cominciava a rimanere allo scalo per i vari traffici di merce; la seconda che si auspicava al più presto alla costruzione di una vera chiesa per questa prima comunità stabilitasi nel borgo». Finalmente, nel dicembre 2015, la lapide fu individuata nel deposito comunale dal dott. Arturo Attanasio, nipote del prof. Baldassare Marullo, durante i lavori di sgombero necessari per il cambio di destinazione d’uso dell’immobile a centro espositivo. Dopo gli opportuni interventi di pulitura, nonostante l’ancora attuale precario stato di conservazione, la lapide è stata esposta al pubblico nell’allestimento museale dell’ex Collegio dei Filippini, tuttavia priva di una collocazione dignitosa, essendo posta direttamente sul piano di calpestio e addossata su una parete della sala espositiva, ma soprattutto di indicazioni circa il contesto storico-geografico di provenienza. L’iscrizione della lapide riferisce che la cappella della Torre Carlo V era priva dell’immunità ecclesiastica, un insieme di privilegi attraverso cui i luoghi sacri erano ritenuti esenti dalle leggi statali, grazie a un breve pontificio inviato da papa Benedetto XIV il 5 marzo 1753. Segue poi un elenco delle autorità civili in carica quell’anno: Carlo III di Borbone, re di Sicilia e di Napoli, il viceré di Sicilia Eustachio di Laviefuille ed infine il governatore della fortezza, il colonnello Giovanni Beltran. Pertanto si propone, a supporto della richiesta di trasferimento per la ricontestualizzazione della lapide nella Torre Carlo V, l’immagine dell’opera corredata dalla trascrizione dell’iscrizione della stessa a fronte:
Questa Chiesa non gode
dell’immunità Eccl[esiast]ica in forza
di Breve Pontif[icio] di Ben[edetto]
XIV spedito a V Marzo
di q[ue]sto Anno Regnando
Carlo Borbone Re
delle Due Sicilie e[d] Es
sendo Viceré e Capit[ano]
Gene[rale] di q[ue]sto Regno il
Duca di Laviefuille e
Gove[rnatore] di q[ue]sta Fort[ezza] il Co
lonello D[on] Gio[vanni] Beltran.
Anno MDCCLIII
Bibliografia:
La Russa Antonio, Chiese empedocline, Agrigento, Sarcuto, 1976.
Marullo Baldassare, Porto Empedocle nelle sue probabili origini, nel suo sviluppo, nelle sue attività e nei suoi bisogni, Trapani, Tip. La Combattente, 1960 [ed. orig. 1926].
Porto Empedocle, 19 luglio 2021. Dott. Luca Festalunga