Progressione o regressione – IV Domenica di Quaresima

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L’itinerario dei catecumeni condotti dalla madre Chiesa al battesimo – illuminazione la notte di Pasqua, dopo l’acqua viva e non stagnante offerta alla Samaritana e prima della vita nuova disposta da Gesù per Lazzaro, prevede la valutazione di sè mediante la luce vera donata al Cieco nato.

Il contesto del racconto è semplice. Gesù è a Gerusalemme nel Tempio e in prossimità, fra la festa dei tabernacoli (festa di luminarie e di purificazione dell’altare con l’acqua di Siloe) e la festa della dedicazione del tempio (festa delle luci e di identità giudaica riacquisita). Scorgendo i rituali di acqua e luce della prima festa Gesù promette l’acqua viva e poi di sè dice: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. L’ affermazione suscita l’interrogativo sulla consistenza di tale auto testimonianza. Gesù, per tutta risposta, chiama a testimone su di sè lo stesso Abramo.

La chiusura e la reazione di giudei è totale: prendono le pietre per lapidarlo. In questo contesto Gesù prende invece l’iniziativa ed opera con opere di Dio luce.

Non è scontato che si sappia ben vedere, a partire dalla conoscenza di noi stessi.

Diverse scene, come in un dramma, si susseguono nel vangelo indicando un itinerario: dall’incontro con Cristo, si giunga ad una visione di fede che integri ed orienti la vita alla sua luce.

Nel testo di Gv 9,1-41 c’è una parte narrativa (vv. 1-6) che descrive lo scenario e la guarigione, ed un’altra discorsiva, parte cospicua del racconto (vv. 7-41).

Il testo in questa seconda parte mostra la maestria dell’autore e la consumata arte narrativa. Diversi personaggi si succedono nell’interrogare il cieco guarito: vicini e conoscenti; farisei. Anche i genitori del miracolato sono interrogati dai giudei che procedono a risentire ancora il guarito. Il

brano si conclude con il dialogo fra Gesù e il cieco: questi professa la fede, mentre Gesù emette il giudizio sui farisei. Eccolo: «E? per questo giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi… i farisei gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?” Gesù rispose loro: se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane».

In estrema sintesi appare la progressione del cieco vedente e la regressione dei vedenti ciechi.

Il cieco sanato procede di fede in fede: “quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo; Egli e? un profeta; Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”.

Alla graduale progressione nella fede e alla corrispettiva proclamazione capace di rispondere a quanti chiedevano ragione della sua nuova condizione di vedente ex cieco, fa da contrappunto la palese regressione e ottenebramento dei giudei/farisei. Questi rilevano inizialmente e principalmente la violazione del giorno di sabato piuttosto che il valore della guarigione; poi fanno un altro passo verso il buio, dichiarando dubbia l’iniziale cecità dell’uomo e interrogando i genitori sulle condizioni antecedenti del figlio. Non sazi di tanta opposizione alla luce e all’illuminato cieco che vede, articolano supplemento di inchiesta sulla modalità della guarigione, nel tentativo di cogliere in fallo e contraddizione il miracolato.

La luce splende, le tenebre non la vincono.

L’umana progressione in Dio è domanda vicendevole. E? Cristo Luce che infine interroga il cieco che, a sua volta, interroga Cristo: chi è il Figlio dell’Uomo perché io creda in lui? Lo hai visto, risponde Gesù, è Colui che parla con te. Ha visto e ha compreso l’illuminato: progredirà se comprenderà ancora ascoltando Gesù.

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