Prima che i negozi chiudessero a causa dell’emergenza coronavirus, ho acquistato una gonna che, nel momento in cui l’ho provata, mi sembrava andar bene. Successivamente, dovendo restare forzatamente a casa, non l’ho indossata. Adesso, osservandola con più calma, ho notato che il modello non si adatta molto alla mia figura. Quando il negozio riaprirà posso chiederne la sostituzione, anche se non ho più lo scontrino? (E.V., Agrigento).
La legge, e precisamente il decreto legislativo n. 206/2005 (c.d. “Codice del Consumo”), prevede il “diritto di ripensamento”, vale a dire la facoltà del consumatore di cambiare idea rispetto all’acquisto effettuato, soltanto per gli acquisti conclusi al di fuori dei locali commerciali: ad esempio nella vendita porta a porta, oppure quando si compra online o su catalogo. In queste ipotesi l’acquirente non deve dare alcuna giustificazione del ripensamento: semplicemente ha diritto al rimborso del prezzo pagato e, naturalmente, deve restituire la merce. La stessa cosa non avviene per gli acquisti compiuti in negozio: in tal caso si ha diritto a restituire e/o sostituire il prodotto acquistato soltanto se esso si rivela difettoso o, nel caso di macchinari, se si guasta senza che ciò sia riconducibile a responsabilità del consumatore. Tale garanzia vale per due anni dall’acquisto; il difetto deve però essere denunciato al venditore, preferibilmente a mezzo raccomandata a.r. o pec, entro 60 giorni dalla scoperta. Il consumatore può scegliere se restituire il prodotto e ottenere il rimborso, oppure sostituirlo, o ancora ottenerne la riparazione o una riduzione di prezzo.
Se invece, come nel caso che ci interessa, non vi è alcun difetto, il commerciante non ha nessun obbligo nei confronti del cliente. Se accetta di sostituire il capo, oppure di prenderlo indietro e restituire il prezzo, è pura e semplice cortesia. In tal caso egli potrebbe legittimamente subordinare ciò alla prova dell’acquisto, data dallo scontrino, specie se è passato del tempo. In mancanza di tale documento, va bene anche al ricevuta del bancomat o della carta di credito, oppure un estratto conto attestante l’esborso.