Vedi croce e dici… – V Domenica di Quaresima

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Dal vangelo di Giovanni, ascoltiamo in questa 5ª di quaresima, il brano tratto dal cap.12, versetti dal 20 al 33. La festa di Pasqua è ormai imminente ed è più volte ricordata da Giovanni al cap.11,55 e più volte nel cap.12, ai versetti 1, 12 e 20. Altre feste erano state ricordate: Capanne o Tabernacoli, dedicazione ed anche la pasqua. Le altre volte pero era la “pasqua dei giudei”. Ora è pero la pasqua senza altra indicazione: è la pasqua di Gesù.

Il testo che ascoltiamo a messa succede alla cosiddetta unzione di Betania, quando Maria unse i piedi di Gesù con trecento grammi di nardo purissimo e li asciugò con i suoi capelli (12,1–11). Narrato l’ingresso di Gesù a Gerusalemme (Gv12,12–19), appaiono una pluralità di soggetti che si relazionano fra di loro tutti attorno a Gesù (Gv12,20–36): alcuni greci, simpatizzanti della fede ebraica, che chiedono la mediazione di Andrea e Filippo per poter “vedere Gesù”; la risposta di Gesù a questa richiesta; il Padre al quale Gesù rivolge la sintetica preghiera “Padre glorifica il tuo nome”; la folla che, udita la voce dal cielo, crede che sia stata un tuono o un angelo a parlare a Gesù. Nel contesto del pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme per la pasqua, alcuni greci ‘timorati di Dio’ esprimono la disposizione a vedere-credere Gesù. Filippo e Andrea, discepoli con i nomi greci, mediano la richiesta. Ricordiamo che Andrea aveva rivolto a Gesù la domanda: “Maestro dove abiti? Venite e vedrete”, aveva risposto Gesù.  E a Filippo, Gesù aveva detto “seguimi”. Comprendiamo pertanto che l’affermazione “vedere Gesù” è espressione di un “rapporto di fede” capace di cogliere i segni della presenza di Dio in Gesù.

C’è poi il riferimento al chicco di grano che, solo se caduto a terra, produce molto frutto. Ed infine, prima della affermazioni della folla che mostra una certa disponibilità a cogliere il senso del dialogo di Gesù con il Padre ed allo stesso tempo è incapace di comprenderlo sino in fondo, c’è come un  soliloquio di Gesù che sfocia in un affidamento al Padre che in realtà è una richiesta:   “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: l’ho glorificato e ancora lo glorificherò” (Gv 12, 27 – 29). Scorgiamo come un rifacimento giovanneo di due episodi che negli altri evangeli hanno un diverso sviluppo e che rappresentano l’agonia di Gesù nell’orto. Dice Gesù in Marco 14,36: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. Ma vi è anche un rimando alla Trasfigurazione, con quella voce che ad alcuni sembra un tuono, mentre altri credono che sia un angelo. La preghiera di Gesù, è carica di un turbamento. Non è un turbamento psicologico, come di uno stato d’animo angosciato. È assimilabile al turbamento di Maria e dei giudei in pianto per la morte di Lazzaro, ma con un segno opposto a quello che dichiarava la vittoria della morte. Esprime la consapevolezza dell’ora della morte e del significato di quella morte: Gesù chiede a Dio che si riveli, che mostri la sua Gloria, cioè la manifestazione piena e feconda del suo amore attraverso la morte del Figlio. Si conclude il brano: “E io innalzato da terra, attirerò tutti a me”. La “ora” dell’innalzamento indica “salire in trono al vertice di una carriera onorifica”. Ma anche “appeso alla croce”. In Giovanni, con la morte in croce Gesù si “trasfigura”: rivela la Presenza di Dio e si compie il giudizio del mondo. La voce dal cielo lo aveva detto: “l’ho glorificato e l’ho glorificherò ancora!”. Anche noi siamo chiamati a comprenderlo, come Gesù. “L’uomo vede la croce, Dio dice la gloria” (X. Léon-Dufour).

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