Valle, Giardino dei Giusti: quattro nuove stele

326
(foto Agensir)

Una stele in memoria di Giovanni XXIII nel Giardino dei Giusti della Valle dei templi di Agrigento. Il “Papa buono” sarà ricordato per iniziativa dell’Accademia di Studi Mediterranei la quale, come ormai avviene ogni anno, arricchirà il “Giardino” con altri alberi e stele dedicati a personaggi che si sono resi protagonisti di gesti ed iniziative encomiabili in favore dell’umanità.

Giuseppe Angelo Roncalli, salito al soglio pontificio nel 1958, avrebbe dovuto essere un papa di transizione sia per l’età che per la sua umiltà, ma in modo inaspettato  conquistò l’affetto di tutto il mondo grazie al suo calore umano, al buon umore edalla sua gentilezza, cui aggiunse un’esperienza diplomatica di rilievo. Di lui si tramanda una vesta aneddotica dalla quale traspare la sua grande umanità. Nel 1962 convocò e tenne inaspettatamente un Concilio ecumenico. Nel 1963 firmò l’enciclica Pacem in terris e nello stesso periodo ricevette dal presidente della Repubblica italiana Antonio Segni il premio Balzan per la pace. Morì per un tumore allo stomaco la sera del 3 giugno 1963. Il 3 settembre del 2000 Papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato ed il 27 aprile 2014 fu canonizzato da Papa Francesco.

Ma Roncalli non è l’unico che anche quest’anno troverà posto nel Giardino dei Giusti. Con lui ci sono altri tre personaggi di spicco nell’impegno per la pace: il re del Marocco Muhammad V, il cappellano militare don Giuseppe Gabana e il martire pakistano Iqbal Masili.

Re Muhammad fu il più giovane di quattro figli del sultano del Marocco in carica quando quest’ultimo stato era un protettorato francese  Alla morte del padre, nel 1927, venne prescelto dalle autorità francesi per succedergli. Quando nel 1940 il governo collaborazionista con i nazisti di Vichy emanò molti decreti per escludere gli ebreiu dalle funzioni pubbliche, Muhammed V si rifiuto di applicare le leggi antisemite nella sua regione ed anzi in vitò, in segno di sfida, i rabini alle celebrazioni per l’anniversario della sua ascesa al trono. Dopo varie vicissitudini, nel 1956 egli negoziò la piena indipendenza del Marocco e nell’agosto dell’anno successivo assunse il titolo di re, impegnando sai per dare al proprio paese istituzioni democratiche, abbozzando una Costituzione e dando al Marocco un assetto moderno. Morì improvvisamente il 26 febbraio 1961.

Don Giuseppe Gabana fu ordinato sacerdote nel 1928 e svolse opera pastorale in parrocchia fino al 1935 quando decise di seguire i soldati che partirono per la guerra di Etiopia. Entrò così nel Regio Esercito quale tenente cappellano e destinato a Mogadiscio dove venne assegnato ad un ospedale da campo, ma poco dopo chiese ed ottenne di essere in viato in prima linea dove rimase colpito mentre prestava soccorso ad altri militari feriti. Per il suo comportamento ebbe la medaglia di bronzo e al valor militare e la croce di guerra. Al rientro in Patria nel 1937 venne destinato al presidio mklitare di Villa del Nevoso in provincia di Fiume dove rimase fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale prestando assistenza ai soldati ed alla guardia alla frontiera. Il 24 maggio 1941 transitò nella Guardia di Finanza come cappellano alla Legione Giulia di Trieste. Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla Repubblica sociale. Quando nella zona venne costituito un campo di concentramento  nell’ex risiera di San Sabba, munito di forno crematorio, egli svolse una forte opera umanitaria in favore dei profughi istriani e degli ebrei triestini. Celebrava la messa giornalmente nell’Oratorio dei salesiani in un crescente clima di odio etnico e fu sempre più malvisto dagli irredentisti slavi i quali temevano che l’insegnamento religioso potesse ostacolare la dottrina marxista. Il 2 marzo 1944 tre individui incappucciati bussarono alla porta della sua abitazione e quando egli ebbe aperto lo colpirono con il calcio della pistola e poi gli spararono. Si spense il 4 marzo all’ospedale militare dopo avere invocato il perdono per i suoi assassini.. L’8 giugno 2008 ebbe conferita la medaglia d’oro al merito civile.

Iqbal Masih cominciò a lavorare in una fornace a 4 anni, venduto dal padre, ma a 9 anni riuscì ad uscire dalla fabbrica per partecipare con altri basmbini ad una manifestazione del Fronte di liberazione dal lavoro  Ritornato in fabbrica rifiutò di continuare a lavorare subendo varie angherie, quindi – ospitato in un ostello – potyé cominciare a studiare. Da allora cominciò a girare per il Pakistam ma anche in Europa per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti negati ai bambini lavoratori e contribuendo al dibattito sulla schiavitù mondiale e sui diritti dell’infanzia. La pressione internazionale che ne derivò indusse le autorità pakistane a chiudere alcune fabbriche di tappeti salvando parecchi bambini dalla schiavitù. Venne ucciso a soli 13 anni il 16 aprile 1995 secondo la polizia ed alcuni testimoni dal un lavoratore agricolo, mentre il “Fronte di liberazione dal lavoro” accusò la mafia dei tappeti.

Le quattro stele verranno messe a dimora venerdì 25 novembre 2022 . Alle ore 9,15 mons. Enrico Dal Covolo, presidente dell’Accademia di studi mediterranei, introdurrà i lavori nella sala conferenze di Casa Sanfilippo. Dopo i saluti delle autorità (il sindaco Francesco Micciché, il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, l’arcivescovo Alessandro Damiano ed il prefetto Maria RFita Cocciufa), l’ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede Rajae Naji parlerà di re Muhammed V, il giornalista e scrittore Marco Roncalli parlerà di Giovanni XXIII, il comandante provinciale della Guardia di Finanza col. Rocco Lopane parlerà di don Giuseppe Gabana e la prof. Anna Maria Samuelli parlerà di Iqbal Malih.

Alle ore 12 nella via Sacra della Collina della Valle dei templi avverrà la cerimonia solenne della dedicazione delle stele e degli alberi nel Giardino dei Giusti.