Pubblichiamo una intervista con padre Saverio Taffari, che ha trascorso il tempo di Natale con i missionari agrigentini in Albania
“Col placet del nostro Card. Franco Montenegro – ci dice in premessa – avevo trascorso le feste natalizie 2019-2020 con don Riccardo Scorsone, don Alessandro Bruno e i seminaristi agrigentini a Korçe e Bilisht in Albania. Lì dove – da cinque anni – erano soliti prestare servizio liturgico e pastorale nei tempi forti e nell’estate. E dopo la festa del Battesimo di Gesù ero tornato, non senza aver lasciato la mia biancheria personale coi scarponi per la neve a Bilisht presso le coraggiose e zelanti Sorelle Francescane del Vangelo che tenacemente da 25 anni sono appositamente lì presenti come S. Charles De Foucauld: con la testimonianza della carità. Avevo anche lasciato una corona del Rosario al braccio della statua del Cuore Immacolato di Maria nella loro cappella, con preghiera e impegno di ritornarvi. E così e stato per grazia ricevuta!”
Padre Saverio, alla luce dell’omelia di Papa Francesco nella Solennità dell’Epifania che impressione ha della nostra Missione?
Ringrazio Papa Francesco che cerca di risvegliare e alimentare nella chiesa il desiderio di vedere, mettersi in cammino, informarsi, dirigersi, fermarsi dove si ferma la stella, scendere da cavallo, entrare a vedere la Madre e il nato Re e adorarlo. Tuttavia non ho avuto bisogno di andare a cercare i Magi come maestri per imparare “ad alimentare il desiderio”. Son troppo lontani i Magi per luogo e per tempo: l’Oriente e 2022 anni fa! Mentre di questi maestri ce ne sono oggi anche in Occidente e nel 2022! Se Papa Francesco ci aveva detto che “ci sono i Santi della porta accanto”, ci debbono pur essere “Maestri del desiderio della porta accanto”. Io li ho trovati sia come persone che come comunità nella Missione agrigentina di Korçe e Devoll in Albania.
Come hai trovato i nostri missionari?
Ho visto i nostri Missionari agrigentini guidati da don Riccardo Scorsone. Vorrei che anche il Papa li vedesse (e non solo loro): non sono chiusi, non sono tristi, non sono indifferenti, ma pieni di desiderio! Io sono arrivato il 21 dicembre sera a Korçe e già l’indomani mattina – alle 8,00 – siam entrati nella provincia di Devoll con centro in Bilisht, per andare a visitare con due auto la piccola comunità di Vidohve (a 900 m). E l’indomani ancora, il 23 mattina, siam partiti per Arreze (a 1300 m.). Salire e scendere colline con 50 cm. di neve e stradine ghiacciate, per dare la gioia di celebrare – pur se in anticipo – la S. Messa di Natale anche in queste piccole comunità di 10 e 30 donne e bambini cattolici e con i papà musulmani in villaggi di 200 e 350 abitanti musulmani. E lo stesso anche il 24 mattina nel villaggio di Çipan. Qui in Albania, la missione è principalmente quella di dissodare ed estirpare l’ateismo seminato e coltivato da 50 anni di dittatura atea-marxista. Perché anche se tanti adulti si dicono cristiani o musulmani (con riferimento alla religione dei loro nonni o genitori) tuttavia sanno poco o niente di Dio, di Cristo e di Maometto. C’è una differenza tra la mia prima presenza a Korçe-Bilisht due anni fa e ora. Due anni fa quasi tutta la piccola comunità dell’“Assunzione di Maria in Cielo” nella città di Korçe e quella di “San Francesco e Santa Chiara” a Bilisht, pur essendo le uniche due chiese cattoliche della regione, erano composte in larga maggioranza da donne e pochissimi uomini. Oggi – dopo quattro mesi di presenza sacerdotale missionaria agrigentina – vedo le chiese piene e per la prima volta diverse coppie di sposi e tre carrozzelle con neonati. E si sono iscritte al cammino di fede in vista del matrimonio. Di più: il loro numero tende a salire. Perché, dopo 20 anni, avendo saputo che c’è di nuovo il parroco fisso per Korçe e Bilisht, escono allo scoperto. Per quanto abbiano potuto fare i Catechisti Maltesi, le Sorelle Francescane del Vangelo e le Suore del Buon Pastore, oggi le pecorelle si sentono sicure perché c’è il pastore! Ci vorrebbero altre forze sacerdotali! Poveri i sacerdoti accomodati! Guai a chi può partire e non parte! “Guai a me se non evangelizzassi” e se lasciassi che “il lupo le disperde e le rapisce”. Ecco: io ho visto la gioia di don Riccardo e di tutti gli altri missionari.
Come gli albanesi di Korçe e Bilisht hanno accolto i nostri missionari?
Si sono accorti subito che anche i nostri quattro missionari agrigentini non sono indifferenti. E ne sono contenti assai. Essi sono sempre pronti a rispondere ad ogni telefonata ed ad aprire la porta a chi è nel bisogno. I nostri missionari hanno gli orecchi tesi e il cuore sensibile:
– Verso i bambini di 27 famiglie Rom per i quali hanno già realizzato un Oratorio usando la struttura dei disponibili e collaborativi Catechisti Maltesi. Guidati da Giovanni Russo, collaborato da quattro giovani parrocchiani, io ho visto come i ragazzini in Oratorio si divertivano giocando e ascoltando il racconto del Natale e mangiando insieme una merendina offerta dalla Parrocchia.
– E verso le famiglie povere. Avvicinandosi il Natale, mancando di mezzi, i nostri missionari si chiedevano come reperire qualche fondo per dare ad esse un buon pranzo di Capodanno. Grazie ad alcuni benefattori, 50 famiglie hanno ricevuto la visita “della comunità cattolica”. Ci ha colpito soprattutto la famiglia di Claudia che vive in estrema periferia, col papà anziano e un fratello “ritardato”. Siamo entrati per la porta senza serratura e con un’anta distrutta; abbiamo trovato Claudia seduta sul letto coperta soltanto di una sottana e con lo sguardo nel vuoto. Vive doppiamente traumatizzata dal fatto che – alcuni anni fa – fu rapita, portata in Italia e sfruttata; ed dal fatto che – riuscita a scappare e tornare in Albania – dopo due mesi le morì la mamma e le venne tolta la figlia! I nostri missionari le hanno parlato amorevolmente. Appena usciti abbiamo incontrato il fratello e il papà cui abbiamo assicurato di non abbandonarli e di interessare i servizi sociali.
Qual è il tuo augurio dopo questa esperienza?
Che Clero, i seminaristi e Fedeli di Cristo in diocesi di Agrigento si aprano veramente e di più alla Missione, e prendano veramente coscienza di essere Chiesa non solo dottrinalmente parlando, ma anche fattivamente: in uscita. Cioè: aprendo le porte per andare ad accogliere, coltivare e mietere la molta messe che il Signore ha fatto già germogliare a Korçe. “La Chiesa quando prende coscienza di sé si fa missionaria” (LG). Questo vale anche all’interno della nostra diocesi, ma senza chiudersi in essa.