Centro per la Missione: “Li inviò a due a due…”, incontro per riscoprire la chiamata missionaria della comunità

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L'intervento di mons. Alessandro Damiano

Domenica, 25 luglio 2021, dopo mesi di incontri a distanza, il Centro diocesano per la Missione, ha ripreso gli incontri in presenza proponendo un’iniziativa – sul tema “… e li mandò a due a due” –  per sensibilizzare all’impegno missionario che inizia in seno alla famiglia, luogo primario di sostegno amore e comprensione.

Al termine della celebrazione eucaristica nella chiesa San Nicola di Fontanelle- presieduta dal direttore del Centro per le missioni don Aldo Sciabbarrasi e da don Andrea Militello – sul sagrato della Chiesa si è tenuto un momento di riflessione in ascolto di due missionarie laiche, che negli anni passati sono state in Albania; nel presentarle il direttore ha sottolineato che la missione è tale sia se viene svolta in terre straniere, sia quando viene vissuta nella quotidianità, giusto ad un passo da noi.

La prima testimonianza è stata quella di Sofia, una ragazza di Montevago che ha commosso i  presenti nel ricordare i momenti trascorsi in Albania. La cosa che più l’ha colpita è stata l’accoglienza che ha avuto da parte di tutti gli abitanti, soprattutto dei bambini, ogni volta che li incontrava, racconta, i loro occhi brillavano di gioia per la voglia di stare insieme e giocare. Cose semplici, per noi a volte scontate, per loro, invece, erano momenti di intensa emozione e scoperta, come per esempio trascorrere una giornata al mare. Da questa esperienza – continua Sofia – dove pensava di dover donare tanto, alla fine chi ha ricevuto di più è stata proprio lei, perché ha riscoperto, racconta ai presenti, cosa vuol dire prendersi cura dell’altro ed è stata un esperienza che le è servita tanto, per crescere spiritualmente ma soprattutto umanamente, con la consapevolezza che tutti abbiamo bisogno dell’altro, e che dobbiamo prenderci cura del prossimo. Sofia, da questa esperienza porta nel suo cuore una domanda, che le è stata posta prima di rientrare nel suo paese: “quando tornate di nuovo”? Con questo interrogativo ha concluso la sua testimonianza, augurando ai presenti di meditare sulla possibilità di rispondere ad una chiamata missionaria per vivere l’esperienza dell’unicità, perché ognuno di noi è prezioso ed unico agli occhi di Dio.

L’altra testimonianza è stata quella di di Nuccia, residente a Camastra. La prima cosa che ha notato è stata la diversità sociale; in Albania o si è troppo ricchi o troppo poveri. Alla domanda: perche è andata in missione, risponde semplicemente, per dare seguito alle parole di Papa Francesco, quando parla di chiesa in uscita. Grazie a questa esperienza – racconta – ha scoperto un nuovo popolo;  ha incontrato una comunità con una fede salda, di cristiani disposti, per esempio, a fare molti chilometri per partecipare a Messa. La cosa che più l’ha colpita è stata l’accoglienza, fatta con la semplicità dell’acqua, nel vero senso della parola, al loro arrivo – dice – le hanno offerto dell’acqua, elemento semplice ed essenziale, per dissetarsi ma anche per ritemprare il corpo dopo il viaggio.  Nuccia ricorda, con commozione, l’incontro con un vecchietto che quando la vide arrivare insieme ad un sacerdote che l’accompagnava, si commosse perché finalmente poteva accostarsi al sacramento della riconciliazione. Conclude augurando ai presenti ed anche a se stessa di ripartire al più presto, per poter tendere la mano a chi più a bisogno.

Durante l’incontro sono stati proiettati anche due video, il primo con alcune testimonianze di missionari laici e di mons. Giovanni Peragine, amministratore apostolico dell’Albania meridionale (vedi sotto); il secondo con la testimonianza di fede di una coppia Albanese  durante la dittatura, fatta di paura ma certi dell’amore di Dio.

Ha concluso l’incontro l’Arcivescovo, mons. Alessandro Damiano che ha ribadito il senso della missione in terre straniere ma anche nelle nostre comunità, anch’esse bisognose di riscoprire l’essenzialità. Nel suo intervento ha ripreso un versetto del Vangelo della Domenica, ”… raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”, per esortare tutti coloro che si sentono inadeguati e inadatti a voler tendere la mano al prossimo.