Il 16 Maggio 2021, con la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, Card. Francesco Montenegro, è stato riconsegnato alla Comunità ecclesiale di Naro, nonché al mondo della cultura, il pregevole Crocifisso realizzato dallo scultore Fra Umile da Petralia, dopo un attento e meticoloso restauro conservativo eseguito dalla restauratrice Ivana Mancino e diretto dall’Ufficio Beni Culturali della Curia. La celebrazione ha avuto inizio con lo svelamento della Croce, dopo il saluto introduttivo di don Franco, al quale l’assemblea ha risposto con canto festoso. Emozionato il parroco padre Paolo Morreale, che grazie al contributo della comunità parrocchiale e dell’Arcidiocesi, è riuscito a recuperare un’altra memoria storia di Naro. Per l’occasione padre Paolo ha ringraziato don Franco per gli anni intensi di servizio episcopale nella nostra Diocesi.(leggi qui)
Pubblichiamo di seguito due contributi: la “Relazione storico-artistica” e quella “Tecnica di restauro” rispettivamente di Domenica Brancato e di Ivana Mancino
1) Relazione storico-artistica (di Domenica Brancato)

Il crocifisso recuperato appartiene alla Chiesa di Santa Maria di Gesù di Naro, sede storica dell’Ordine dei Francescani Riformati della stretta Osservanza, realizzato da Fra Umile da Petralia nel 1635.
L’unica fonte che lega l’opera al frate sculture madonita è il suo biografo p. Tognoletto, che nel suo Paradiso Serafico del Regno di Sicilia, annovera il crocifisso narese all’ottavo posto dei 33 crocifissi a lui attribuiti “Scolpì quel servo di Dio, come alcuni dicono, 33 immagini del Crocifisso in legno, le quali tutte operano miracoli, e sono tenute in grande venerazione dal popolo”.
Il Cristo, realizzato a tutto tondo, è rappresentato agonizzante con la testa piegata a destra e reclinata in avanti, la fronte imperlata da gocce di sangue, con gli occhi semispenti e affossati in un espressione d’intensa sofferenza. Il torace si dilata per lo sforzo mettendo in evidenza il costato, mentre l’addome s’inarca dolcemente. Le ferite delle mani e dei piedi sono rappresentate realisticamente attraverso la tensione della carne al di sopra dei chiodi con il sangue che cola nelle braccia e nei piedi infissi in un solo chiodo.
L’opera, di grandi dimensioni, di eccellente fattura, presenta una studiata forma di stampo controriformato, in linea con i dibattiti tridentini, in voga per tutta la prima metà del secolo XVII.
I maggiori propinatori delle nuove forme di spiritualità furono gli Ordini religiosi, in particolare l’Ordine francescano. Quest’Ultimo, dopo la Riforma del 1516, trova un nuovo slancio proprio con Concilio di Trento, divenendo un prezioso strumento di evangelizzazione, principalmente nelle aree periferiche dei ceti popolari; incrementarono l’iconografia della crocifissione, per esaltare e la devozione popolare.
I Francescani registrano una presenza capillare in tutti centri urbani della Diocesi agrigentina. L’ispirazione mistica che muoveva l’Ordine trovava espressione nella ricca produzione artistica. Abili nell’intaglio del legno hanno realizzato in tutta la Sicilia pregevoli macchina d’altare, e tantissimi Crocifissi lignei, finemente scolpiti, dai caratteri stilistici inconfondibili.
La letteratura ascetica del tempo ha aiutato a maturare questi ideali, influenzando la produzione artistica del tempo, tra cui si ricordano le Meditaziones Vitae Christi di San Bonaventura, nonché le rivelazioni di Santa Brigida. Anche la letteratura artistica del tempo ha guidato gli artisti dando preziose linee guida da seguire; si ricordano in merito i Discorsi introno alle immagini sacre e profane pubblicato dal cardinale Gabriele Paleotti nel 1572, mettendo in evidenza tre principi chiave sull’arte del tempo e sugli effetti sul fruitore: dilettare insegnare e muovere. Frate Umile da Petralia, mistico scultore appartenente all‘Ordine dei Frati Francescani Riformati dell‘Osservanza è definito da Giorgio Leone “l’epocale codificatore della scultura in legno francescana”. Giovan Francesco Pintormo, nato a Petralia Soprana nel 1601, nel 1623 entra a far parte dei Frati Minori Oesservanti con il nome di Fra Umile; morto nel 1635, ebbe una vita molto breve ma intensa. La sua opera si inserisce nel clima controriformato avendo come fine principale della produzione quello didascalico ed emotivo. La rappresentazione che egli fa del crocifisso e quella dell’Uomo-Dio, puntando l’attenzione sul carattere umano del Redentore ed esasperando la drammaticità del sacrificio della Passione, esplicando in modo concreto l’emblema dell’Ordine dei Frati Osservanti, il monogramma JHS – Jesus Homo Salvator, ovvero Gesù Uomo Salvatore.
La stessa iscrizione è venuta fuori dopo l’attenta pulitura eseguita dalla restauratrice sul verso del perizoma, a conferma di quanto detto. Se da un lato emerge nella figura di questo scultore francescano l‘ispirazione mistica delle sue creazioni, dall‘altra va notata l‘abilità tecnica dell‘intaglio, curata anche nella scelta del legno preferendo quello di tiglio, più consono, come nota Vasari, alla lima e allo scalpello.
Frate Umile da Petralia realizzerà per la diocesi agrigentina due pregevoli crocifissi: il Crocifisso dell’ex Convento di san Vito, oggi custodito nel santuario di San Calogero, e il Crocifisso di Naro per il Convento di santa Maria di Gesù. Due opere che appartengono a due momenti fondamentali della sua formazione, la fase primitiva e primordiale della sua produzione ispirata e la fase matura di piena consapevolezza di un percorso interiore fortemente sofferto.
Il restauro, oltre al recupero integrale dell’opera nella sua originaria interezza, ha riportato alla luce la data di fattura del Crocifisso1635, e la data di realizzazione della croce, avvenuta nel 1734, in sostituzione della precedente.
In merito alla data 1635, ovvero tre anni prima dell’avvenuta morte dell’artista, permette di collocare il Crocifisso nella fase di produzione matura dell’artista, confermata anche dai caratteri stilico-compositivi. L’opera narese, non si lega, come si riteneva in passato, alla prima fase della produzione dell’artista, ne tanto meno al suo soggiorno ad Agrigento, per la realizzazione del Crocifisso dell’ex chiesa di San Vito, oggi presso il Santuario di San Calogero. A differenza dell’opera agrigentina, quest’ultima è caratterizzato da un‘immagine serena e sofferente, palpitante ed immobile, realistica ed idealizzata, rivelando una maturità sia compositiva che ideologica, frutto di percorso interiore più consapevole. Differisce nettamente dall’opera agrigentina, quest’ultima ancora inebriata dall’esasperazione drammaticità del sacrificio della Passione, cosi come tutta la prima formazione dell’artista.
Il crocifisso trova forte analogie con il crocifisso che Fra Umile realizza per la Chiesa Madre di Santa Maria di Gesù di Caltavuturo e il Crocifisso di Collesano datato 1635, nonché le due opere firmate e datate 1636-1637, presenti nel Comune di Polla in provincia di Salerno e a Bisignano in provincia di Cosenza, realizzati pochi anni prima della sua morta.
Il restauro conservativo è stato un restauro principalmente critico, condotto secondo criteri scientifici e nel rispetto dei principi e delle teorie del restauro moderno, recuperando l’unità potenziale del pregevole crocifisso.
Relazione tecnica di restauro (di Ivana Mancino

L’intervento di restauro del Crocifisso è stato condotto secondo criteri scientifici e nel rispetto dei principi e delle teorie del restauro moderno. Si è proceduto ad effettuare interventi e metodologie opportunamente studiate per restituire la corretta leggibilità dell’opera rispettandone comunque la materia originale, il valore artistico. Inoltre, sia per lo studio che per tutte le fasi di restauro, è stata prodotta una documentazione fotografica eseguita dal fotografo Enzo Brai. A causa dell’estrema fragilità del materiale con cui è stato realizzato il Crocifisso, molto probabilmente un legno di tiglio (Tilia sp.),si è effettuato un consolidamento strutturale, nella ricostruzione di parti perdute a causa degli attacchi di insetti, in particolare della capigliatura nel perizoma.
Il Cristo è stato scolpito utilizzando un unico blocco di legno di tiglio, dal quale l’artista ha modellato il tronco, la testa e le gambe, fissandovi le braccia e parte del drappo del perizoma, ricavate da altri pezzi della stessa specie legnosa. Le braccia terminano con tenoni, parzialmente incastrati nel tronco e collegati mediante chiodi e colla. La policromia occultata da uno strato spesso di colore rosa non si presentava danneggiata.
Il perizoma nel verso reca l’iscrizione “Cristo” in greco, l’anno inciso “1635” e una piastra di ferro con una filettatura nella quale alloggia una vite che serve per ancorare il crocifisso alla croce in modo da non gravare il peso sugli arti. La croce,dipinta di colore marrone, è stata realizzata in legno di cipresso e nel braccio sinistro si legge inciso l’anno “1734”.
Prima del restauro
Prima del restauro numerosi fori di sfarfallamento erano presenti sulla capigliatura, sul perizoma e sulla schiena. La struttura risultava compromessa e fortemente indebolita dall’attacco degli insetti xilofagi, che in corrispondenza delle spalle, dove il legno era stato perforato da gallerie, ha prodotto una parziale disgregazione delle braccia. Strutturalmente l’opera era interessata da fenditure causate dal ritiro del legno, di cui una si estendeva dalla testa, attraversa i capelli. La scultura presentava ridipinture a smalto di colore rosa . La policromia soprattutto sulle gambe, nel busto, nel volto è indebolita e in molti punti si distacca dal supporto. La croce in cattivissimo stato di conservazione si presentava danneggiata, in parte fratturata e in parte decoesa.
Intervento del restauro

Il Crocifisso è stato smontato dalla croce rimuovendo i chiodi originali e preparato al trattamento di disinfestazione anossica in sacco sigillato e dopo 21 giorni è stato effettuato un trattamento con prodotto a base di Permetrina . Su tutto il corpo del Cristo è stato necessario eseguire delle fermature del colore che si era parzialmente staccato dal supporto, con l’ausilio di emulsione acrilica Primal B 60 diluita in acqua al 50%. Le linee di fenditura sono state integrate con resina epossidica bi componente (araldite). A causa dell’estrema fragilità del supporto si è provveduto a consolidare il legno con resina acrilica Paraloid B 72 al 5% in Acetone e Diluente Nitro steso a pennello. L’intervento principale è costituito nella rimozione degli strati di verniciatura presenti in alcune parti dell’opera, ovvero gli incarnati, il perizoma e la capigliatura. E’ stato applicato un test di solubilità per trovare un sistema adeguato per la rimozione di tali strati. Per la fase di pulitura dell’incarnato si è utilizzato un solvente organico neutro il Metil-Etil-Chetone; e l’Alcool Isopropilico puro a tampone, impiegato per rifinire la pulitura. Per il perizoma si è scelto di utilizzare una miscela di solventi DAN per poter rimuovere la vernice più resistente; mentre per la pulitura della capigliatura è stata utilizzata una miscela di Acqua e contrad 2000 in rapporto 1:1. Neutralizzazione del colore con tamponi imbevuti con essenza di trementina. Rifinitura della pulitura a bisturi. Eliminazione delle gocce di cera tramite bisturi e con l’ausilio dell’essenza di trementina. A termine della pulitura la policromia presentava mancanze sparse su tutta la superficie, sia sul davanti che sul retro, cioè il corpo era tutto interessato. Queste lacune sono state stuccate con gesso di Bologna e colla di coniglio. Il restauro pittorico è stato effettuato a velature a punta di pennello soltanto nei piccolissimi puntini bianchi con colori a vernice Maimeriche garantirà una più adeguata presentazione del manufatto dal punto di vista estetico. A conclusione è stata effettuata una prima verniciatura nebulizzata con vernice brillante a Retoucher della Lefranc e Bourgeois e successivamente una verniciatura finale nebulizzata con vernice matt della Lefranc e Bourgeois. La croce è stata preparata al trattamento di disinfestazione anossica in sacco sigillato e dopo 21 giorni è stato effettuato un trattamento con prodotto a base di Permetrina. Le linee di fenditura sono state integrate con resina epossidica bi componente (araldite). A causa dell’estrema fragilità del supporto si è provveduto a consolidare il legno con resina acrilica Paraloid B 72 al 5% in Acetone e Diluente Nitro steso a pennello. La reintegrazione pittorica è stata effettuata con colori a tempera.

Relazione tecnica di restauro
L’intervento di restauro del Crocifisso è stato condotto secondo criteri scientifici e nel rispetto dei principi e delle teorie del restauro moderno. Si è proceduto ad effettuare interventi e metodologie opportunamente studiate per restituire la corretta leggibilità dell’opera rispettandone comunque la materia originale, il valore artistico. Inoltre, sia per lo studio che per tutte le fasi di restauro, è stata prodotta una documentazione fotografica eseguita dal fotografo Enzo Brai. A causa dell’estrema fragilità del materiale con cui è stato realizzato il Crocifisso, molto probabilmente un legno di tiglio (Tilia sp.),si è effettuato un consolidamento strutturale, nella ricostruzione di parti perdute a causa degli attacchi di insetti, in particolare della capigliatura nel perizoma.
Il Cristo è stato scolpito utilizzando un unico blocco di legno di tiglio, dal quale l’artista ha modellato il tronco, la testa e le gambe, fissandovi le braccia e parte del drappo del perizoma, ricavate da altri pezzi della stessa specie legnosa. Le braccia terminano con tenoni, parzialmente incastrati nel tronco e collegati mediante chiodi e colla. La policromia occultata da uno strato spesso di colore rosa non si presentava danneggiata.
Il perizoma nel verso reca l’iscrizione “Cristo” in greco, l’anno inciso “1635” e una piastra di ferro con una filettatura nella quale alloggia una vite che serve per ancorare il crocifisso alla croce in modo da non gravare il peso sugli arti. La croce,dipinta di colore marrone, è stata realizzata in legno di cipresso e nel braccio sinistro si legge inciso l’anno “1734”.
Prima del restauro
Prima del restauro numerosi fori di sfarfallamento erano presenti sulla capigliatura, sul perizoma e sulla schiena. La struttura risultava compromessa e fortemente indebolita dall’attacco degli insetti xilofagi, che in corrispondenza delle spalle, dove il legno era stato perforato da gallerie, ha prodotto una parziale disgregazione delle braccia. Strutturalmente l’opera era interessata da fenditure causate dal ritiro del legno, di cui una si estendeva dalla testa, attraversa i capelli. La scultura presentava ridipinture a smalto di colore rosa . La policromia soprattutto sulle gambe, nel busto, nel volto è indebolita e in molti punti si distacca dal supporto. La croce in cattivissimo stato di conservazione si presentava danneggiata, in parte fratturata e in parte decoesa.
Intervento del restauro
Il Crocifisso è stato smontato dalla croce rimuovendo i chiodi originali e preparato al trattamento di disinfestazione anossica in sacco sigillato e dopo 21 giorni è stato effettuato un trattamento con prodotto a base di Permetrina . Su tutto il corpo del Cristo è stato necessario eseguire delle fermature del colore che si era parzialmente staccato dal supporto, con l’ausilio di emulsione acrilica Primal B 60 diluita in acqua al 50%. Le linee di fenditura sono state integrate con resina epossidica bi componente (araldite). A causa dell’estrema fragilità del supporto si è provveduto a consolidare il legno con resina acrilica Paraloid B 72 al 5% in Acetone e Diluente Nitro steso a pennello. L’intervento principale è costituito nella rimozione degli strati di verniciatura presenti in alcune parti dell’opera, ovvero gli incarnati, il perizoma e la capigliatura. E’ stato applicato un test di solubilità per trovare un sistema adeguato per la rimozione di tali strati. Per la fase di pulitura dell’incarnato si è utilizzato un solvente organico neutro il Metil-Etil-Chetone; e l’Alcool Isopropilico puro a tampone, impiegato per rifinire la pulitura. Per il perizoma si è scelto di utilizzare una miscela di solventi DAN per poter rimuovere la vernice più resistente; mentre per la pulitura della capigliatura è stata utilizzata una miscela di Acqua e contrad 2000 in rapporto 1:1. Neutralizzazione del colore con tamponi imbevuti con essenza di trementina. Rifinitura della pulitura a bisturi. Eliminazione delle gocce di cera tramite bisturi e con l’ausilio dell’essenza di trementina. A termine della pulitura la policromia presentava mancanze sparse su tutta la superficie, sia sul davanti che sul retro, cioè il corpo era tutto interessato. Queste lacune sono state stuccate con gesso di Bologna e colla di coniglio. Il restauro pittorico è stato effettuato a velature a punta di pennello soltanto nei piccolissimi puntini bianchi con colori a vernice Maimeriche garantirà una più adeguata presentazione del manufatto dal punto di vista estetico. A conclusione è stata effettuata una prima verniciatura nebulizzata con vernice brillante a Retoucher della Lefranc e Bourgeois e successivamente una verniciatura finale nebulizzata con vernice matt della Lefranc e Bourgeois. La croce è stata preparata al trattamento di disinfestazione anossica in sacco sigillato e dopo 21 giorni è stato effettuato un trattamento con prodotto a base di Permetrina. Le linee di fenditura sono state integrate con resina epossidica bi componente (araldite). A causa dell’estrema fragilità del supporto si è provveduto a consolidare il legno con resina acrilica Paraloid B 72 al 5% in Acetone e Diluente Nitro steso a pennello. La reintegrazione pittorica è stata effettuata con colori a tempera.
Ivana Mancino