In data 8 dicembre è stato aperto il testamento di don Gerlando Lentini, ed è stato trovato un testo che abbiamo pubblicato, per concessione della famiglia, sul numero 42/2019 del nostro settimanale cartaceo e che oggi, 16 dicembre, nel trigesimo della sua morte, pubblichiamo sul sito del nostro settimanale.
Il documento porta il titolo di “Appendice al testamento” ed è datato 26 gennaio 2018. L’Appendice generalmente è una aggiunta in fondo ad un testo che ha lo scopo di chiarire alcuni punti non trattati esaurientemente nel testo. Mi piace leggerlo così questo scritto, come un volere ribadire, nero su bianco, come don Gerlando era solito fare, qualora qualcuno non avesse bene compreso i tratti e le scelte della sua esistenza.
È un appendice, ma non è, come lo stesso don Gerlando scrive, un testamento spirituale. È un testo essenziale. veritiero che conferma la straordinaria ricchezza e semplicità dell’uomo, del prete, del pubblicista e dello scrittore. La decisione di redigere quest’ appendice al testamento, inoltre, è per don Gerlando l’occasione per esprimere, non solo le istanze di giustizia e di libertà interiore che hanno guidato il suo rapporto con i beni temporali, ma anche con la scrittura che diventa per don Gerlando testimonianza di vita, lente attraverso cui leggere la sua esistenza e il suo ministero.
È stato uomo della comunicazione, attraverso i 53 anni alla direzione de “La Via” e le oltre 65 pubblicazioni che lo collocano nel contesto storico ed ecclesiale, politico e sociale dei fatti e delle storie narrate.
La stima di cui godeva veniva – a mio avviso – dalla sua capacità di essere, sinceramente, «prete fino in cima», attento, interessato – come si evince per esempio nello scambio epistolare con i lettori sul mensile “La Via” – all’incontro con ogni persona. Nei non pochi, fugaci, colloqui telefonici in più occasioni mi esternò l’intima convinzione che solo quando si hanno forti radici, culturali ed evangeliche si può essere sale e lievito che fermenta la pasta, anche con un foglio ciclostilato, dattiloscritto e spillato a mano. Per lui scrivere non è stato solo un modo di comunicare, diffondere idee, dibattere, ma, oserei dire, un modo di esistere; don Lentini si “ è fatto carta”. Lo si può evincere quando annota: “la mia fede, le mie idee, i miei sentimenti li ho manifestato sul periodico La Via in tanti anni e nei libri da me scritti… Ho esercitato – continua – così il ministero sacerdotale della Parola, mettendo a servizio del Signore Gesù e della sua Chiesa la capacità di esprimere il messaggio evangelico. Questa sua scelta di vita si è fatta parola scritta, in pagine di libri e nelle colonne del suo mensile. Da esse, in filigrana, traspare la sua personalità, riflesso del Vangelo e del magistero della Chiesa.
È stato banditore di una fede pensata e condivisa con i suoi non pochi lettori da quella che a ragione, può definirsi la sua parrocchia: il mensile “La Via”. E aggiunge don Lentini, per specificare meglio il suo operato: “Confesso che non ho mai scritto né per diletto letterario né per ambizione di successo umano: sono stato guidato solo dal senso del dovere verso Dio e i fratelli da portare a Lui”.
Ecco il testo integrale:
Appendice al Testamento
Credo inutile stendere un testamento spirituale: la mia fede, le mie idee, i miei sentimenti li ho manifestato sul periodico La Via in tanti anni e nei libri da me scritti, per grazia di Dio e per la sua gloria. Ho esercitato così il ministero sacerdotale della Parola, mettendo a servizio del Signore Gesù e della sua Chiesa la capacità di esprimere il messaggio evangelico. Confesso che non ho mai scritto né per diletto letterario né per ambizione di successo umano: sono stato guidato solo dal senso del dovere verso Dio e i fratelli da portare a Lui. Ringrazio il Signore che, per intercessione della sua e mia Madre Maria, mi ha concesso il dono della fedeltà indiscussa, nell’ortodossia della fede, alla Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”: pur nella mia fragilità, mi sono proposto di essere cattolico integrale sull’esempio dei Santi di tutti i tempi, rifiutando l’integralismo che non è né evangelico né cattolico. Spero di esserci riuscito. Ho venerato, come presenza viva di Cristo Pastore il Papa e i miei Vescovi. Se ho preso delle posizioni controcorrente, l’ho solo fatto sul piano pastorale e al solo scopo di dare il mio umile contributo per il bene della mia Chiesa agrigentina. Se in ciò avessi mancato di rispetto, anche se involontariamente, ai venerati miei Vescovi e ai confratelli Sacerdoti, ne chiedo umilmente perdono.
Ringrazio Dio Padre, il Figlio Gesù, lo Spirito Santo di avermi chiamato alla vita e al Battesimo, nonché al Sacerdozio e di avermi fatto nascere in questa famiglia. I miei genitori, Raimondo e Giuseppina, non solo mi hanno dato la vita, ma sono stati i miei educatori e maestri di spirito: la loro vita, il loro esempio, la loro parola sono stati fari di luce, a cui mi sono sempre ispirato. Gli altri educatori, incontrati soprattutto in Seminario, hanno costruito sulle solide basi da essi ricevute. Ringrazio di cuore anch’essi. Un grazie di cuore riconoscente rivolgo alle mie sorelle che mi hanno preceduto in Paradiso e quelle che fossero ancora in vita, nonché ai miei nipoti, che non distinguo nell’affetto tra quelli naturali e quelli acquisiti, e ai miei pronipoti: tutti mi sono ugualmente cari. Non solo non mi hanno condizionato nel mio ministero sacerdotale, ma mi hanno piuttosto sostenuto ed aiutato, in modo disinteressato e squisitamente cristiano. Chiedo e chiederò sempre al Signore che li mantenga tutti saldi nella fede cattolica, nella tradizione familiare di unione nella carità: tutti per uno, e uno per tutti.
Riconosco le mie carenze come uomo, come cristiano e come sacerdote; perciò chiedo perdono a tutti coloro che avessi offeso o in qualche modo contristato e chiedo la loro preghiera perché anche il Signore mi perdoni e mi porti con Sé. La mia salma sia rivestita dei paramenti sacerdotali (conservati in un cassetto della libreria- guardaroba nello studio), che avrei dovuto indossare quando venne il Papa in Agrigento. Desidero un funerale semplice e spoglio di qualsiasi retorica. Una cassa modesta. I fiori solo per il Signore. Per me preghiera e carità per i poveri.
Un grazie a tutti, e un arrivederci in Paradiso, dove spero di essere ammesso per la bontà di Dio e la preghiera di suffragio di quanti mi hanno voluto bene in questa terra.
8 giugno 2015
Sac. Gerlando Lentini
26 gennaio 2018