Montevago: nel 54° dal terremoto, la comunità ritorna a celebrare Messa nella vecchia Matrice

1997
S. Messa nella Vecchia Chiesa Madre di Montevago nel 54° dal terremoto (ph C.P.)

Sabato 15 gennaio 2022 – 54° anniversario del terremoto del Belice –  nel cuore della vecchia Montevago – fa freddo anche se splende il sole. Nonostante il clima rigido, in tanti – quanti l’emergenza sanitaria consente – dopo cinquantaquattro anni, si sono seduti nella navata centrale della vecchia Chiesa Madre intitolata ai Santi Pietro e Paolo tra i resti del presbiterio, della navata centrale e delle cappelle della Matrice per la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, mons. Alessandro Damiano. A concelebrare i presbiteri nativi di Montevago e dei paesi limitrofi e quanti, nel tempo hanno servito la Comunità ecclesiale: l’attuale arciprete, Giuseppe Coppola, Saverio Catanzaro, Salvatore Piazza, Matteo Mantisi, Emanuele Casula, Giuseppe Argento, Ignazio Puccio, Massimo Musso, Salvatore Falzone, Fra Luca dei padri Conventuali, Saverio Pittiteri, Antonio Gucciardo, Tonino Cilia, Giuseppe Calandra, Stefano Nastasi e don Giuseppe Pontillo direttore dell’ufficio BBCCEE dell’Arcidiocesi di Agrigento. Presenti le massime autorità civili e militari del territorio agrigentino, il Generale Rosario Castello, Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, i sindaci della Valle del Belice, i Vigili del Fuoco, i volontari della Protezione civile e della Croce Rossa. Prima della Celebrazione Eucaristica hanno preso la parola il sindaco di Montevago on.le Margherita La Rocca Ruvolo, il sindaco di Partanna, Nicola Catania, e l’arch. Alfonso Cimino, direttore dei lavori di messa in sicurezza, fortemente voluti dal sindaco di Montevago – sostenuto dal Governo regionale, rappresentato a Montevago dall’Ass. alle Autonomie locali, Marco Zambuto – e dagli uffici preposti dell’Arcidiocesi di Agrigento. Così la prima fase della messa in sicurezza dell’antica Chiesa Madre di Montevago, ha permesso, oggi, di accedere all’interno, calpestare la pavimentazione e muoversi tra le colonne, vedere gli altari, rivivere lo spazio. I lavori hanno riportato alla luce tantissimi reperti, suppellettili, resti di marmi e legno segnati dal peso del tempo e delle pietre alcuni dei quali sono esposti, in questi giorni, in una mostra temporanea nella nuova Chiesa Madre (vedi qui)  Tra i fedeli anche chi, da piccolo, è stato battezzato nel fonte battesimale, ma anche chi, nella Chiesa Madre, per la prima volta, si è accostato al Sacramento dell’Eucarestia ed ha ricevuto quello della Cresima; qualche altro tira fuori dalla tasca la foto del matrimonio per far vedere, a chi ancorar non era nato, quanto bella era la Matrice ricca di stucchi, affreschi e opere d’arte. I più anziani, prima della S. Messa, ricordano che anche la giornata del 14 gennaio 1968, quando cominciarono le prime scosse, faceva tanto freddo ed era piena di sole; qualche altro ha memoria della neve, caduta copiosa nella notte, prima della scossa delle tre quasi all’alba del 15 gennaio. Non pochi – durante l’intervento iniziale dell’arciprete, don Giuseppe Coppola che ha invitato i presenti alla preghiera per le vittime del sisma, nominandoli, uno ad uno – si sono tolti il cappello, mentre qualche volto era rigato dalle lacrime che finivano la loro corsa sulle mascherine . Con il canto iniziale, animato dalla corale e la processione dei presbiteri verso l’altare maggiore della Matrice, ha avuto inizio la S. Messa sotto il cielo azzurro; l’ultima volta era stato l’Arciprete mons. Vito Migliore – a cui il Sindaco desidera dedicare la piazza antistante la vecchia Matrice –  a celebrare la Messa delle ore 11 di domenica 14 gennaio 1968. Il ricordo si fa preghiera per le vittime, ma anche per i vivi perché si possa andare avanti con speranza, pur tra ritardi e carenza di interventi. «È inaccettabile e scandaloso – ha dichiarato Orlando, presidente di Anci Sicilia – che dopo 54 anni, malgrado il continuo impegno dei rispettivi sindaci in rappresentanza e a tutela delle proprie comunità, il processo di ricostruzione, indispensabile allo sviluppo di un territorio così gravemente colpito, non sia ancora concluso a causa di ritardi e carenza di interventi». I cittadini della Valle del Belice a distanza di oltre mezzo secolo, conclude il presidente Orlando, «hanno diritto di conservare la memoria di quella tragica notte e dei propri cari scomparsi, ma hanno soprattutto diritto di guardare a un futuro di crescita e sviluppo vivendo in un territorio risanato dalle ferite di quel terribile evento».

Nell’omelia, il primo pensiero dell’arcivescovo Alessandro è stato per la comunità di Montevago. “Siamo qui – ha detto – per loro e con loro…  Qui c’è la Chiesa, quella viva, che siamo noi , che ridona vita a questa chiesa, fatta di pietre; crollata e riconsegnata. Questa mattina   – ha proseguito – è risuonato più volte il termine memoria. Noi qui stiamo celebrando  – ha detto – una memoria che va oltre il ricordo. Nella fede, ed in particolare nella celebrazione Eucaristica, fare memoria non è ricordare con nostalgia cose del passato,  ma è ripresentare, qui adesso. Noi – ha continuato – qui e adesso ripresentiamo quella comunità di Montevago che quella mattina alle 11 aveva celebrato insieme al loro parroco l’Eucarestia. Sono tutti presenti perché nella celebrazione Eucaristica il diaframma  tra la Chiesa terrena e la chiesa che trionfa nella Gerusalemme nuova, si fa sottilissimo. Nella  Celebrazione siamo in prossimità di comunione con i nostri fratelli e le nostre sorelle che celebrano nella Gerusalemme nuova. Questo stiamo realizzando…

Custodiamo – ha concluso –  il tempio di pietre vive che siamo noi rinnovati dall’ascolto della Parola e dall’esercitare le opere buone, che non sono un gioco per bambini, ma una responsabilità di adulti e consistono nella verità, nella giustizia e nella pace. Andiamo avanti – ha esortato -perché la morte non all’ultima parola; ce lo ha ricordato nostro Signore: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Ed è così che accaduto. Questa è la nostra fede!”

Infine una esortazione ai presenti: “Tornate qui, anche da soli, È uno spazio sacro. Auguri a tutti!”