Lunedì 12 settembre, memoria del Santo Nome di Maria, mons. Carmelo Ferraro, su invito di mons. Guglielmo Giombanco, vescovo di Patti, chiesa di cui è stato pastore dal 1978 al 1988, ha presieduto, nel Santuario della Madonna del Tindari, la Concelebrazione Eucaristica di ringraziamento in occasione del suo 90° compleanno.
La Chiesa agrigentina è stata presente alla concelebrazione con una nutrita delegazione di presbiteri e diaconi, guidata dall’arcivescovo mons. Alessandro Damiano che, prima della celebrazione eucaristia, ha voluto far giungere a mons. Carmelo Ferraro l’augurio di tutta la Chiesa diocesana:
“…Desideriamo unirci alla sua preghiera di ringraziamento al Signore per il dono della vita – ha scritto – dono che Lei ha condiviso con noi e offerto per noi durante i vent’anni del suo ministero episcopale e fino ad oggi. Il Signore ha voluto che fosse Lei ad accompagnare la Chiesa di Agrigento nel passaggio al terzo millennio. Fedele alla Parola e al Magistero, ha guidato la comunità diocesana dimostrando sempre la sollecitudine verso il gregge e l’amore per il Signore”.

Nel Santuario della Madonna nera, sul promontorio, meta di pellegrinaggi da tutta la Sicilia, che si affaccia sul mar Tirreno, attorno all’altare per il rendimento di grazie anche il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo, mons. Pietro Fragnelli, vescovo di Trapani, mons. Rosario Gisana Vescovo di Piazza Armerina, mons. Salvatore Gristina, arcivescovo emerito di Catania, i vescovi agrigentini mons. Salvatore Muratore, emerito di Nicosia e per tanti anni suo vicario generale ad Agrigento mons. Ferraro e mons. Ignazio Zambito, successore di mons. Ferraro nel governo pastorale della Chiesa pattese. Presenti anche i familiari, le autorità civili e militari e tanti fedeli e amici.
Il saluto di mons. Giombanco
“Oggi respiriamo l’aria di una festa di famiglia – ha detto Giombanco, vescovo di Patti, introducendo alla Celebrazione – perché riconosciamo in Lei il padre che rivede sempre con gioia fratelli e figli. Nessuno si meravigli – ha proseguito – se mi rivolgo a Lei senza adoperare alcun titolo onorifico, chiamandola semplicemente «Padre Carmelo» Padre è il termine che esprime in maniera chiara – come in trasparenza – il volto di Colui che è Padre di tutti.

Carmelo è il nome con il quale il Signore l’ha chiamata quando Le ha comunicato il dono della vita e l’ha inserita nella sua famiglia… Lei in tanti anni di vita sacerdotale ed episcopale, vissuti in maniera esemplare, ha espresso la paternità con grande semplicità, umiltà e spirito di servizio. Oggi che ha raggiunto il bel traguardo dei 90° anni di età, guardando Lei – ha proseguito – pensiamo ai patriarchi della Bibbia, felici di aver servito il Signore e in possesso dello spirito di saggezza; erano per tutti testimonianza vivente di ricchezza di umanità, di esperienze di vita e di profonda sapienza. Grazie Padre Carmelo – ha concluso – per il Suo esempio di fedeltà, per la Sua testimonianza di pastore orante, per il Suo spirito di autentico servizio, per la Sua semplicità di vita, per la Sua affabile bontà, per la Sua azione, discreta, e paziente, sempre orientata al bene della nostra Chiesa e al servizio dei fratelli”.
L’omelia di mons. carmelo Ferraro
“Quanto è bella la Chiesa del Signore! – ha esordito mons. Ferraro nell’omelia – Riuniti insieme come un cuor solo e un’anima sola… Una preghiera di ringraziamento sgorga dal mio cuore in questo giorno del mio 90°; novant’anni – ha detto – sono un immenso dono del Padre celeste. Vi sono grato, perché oggi mi aiutate a ringraziare, riparare per tutte le mancanze e adorare il Padre”.

Mons. Ferraro ha poi ripercorso i 90 anni della sua vita come vocazione, missione e servizio ed in essa ha letto il progetto del Padre che ci vuole figli nel Figlio. 90 anni di vita riletti come dono dell’amore misericordioso di Dio, da giovane ministrante in parrocchia a novello presbitero nella cattedrale di Siracusa e poi a Ragusa Ibla, Vittoria, fino agli anni del ministero episcopale a Patti e Agrigento, diocesi dove per ben due volte ha avuto la gioia di accogliere, in visita apostolica, San Giovanni Paolo II.
E mentre ascoltavo l’Apostolo testimoniare quanto il Signore ha operato nella sua esistenza ho potuto leggere in filigrana quelli che sono stati i tratti dominanti del suo ministero nella Chiesa agrigentina che mons. Muratore sul nostro settimanale, in occasione del suo 50° di ordinazione presbiterale (cfr. n.24/2005) ha così sintetizzato: Cantore della tenerezza del Padre; affascinato della bellezza del creato, innamorato dell’Eucaristia; dedizione instancabile nell’attraversare tutto il territorio della Diocesi, nell’ascoltare, nella voglia di donare la vita per la sua Chiesa. Sentinella attenta nella difesa della verità; Pellegrino in tutte le realtà e situazioni, dove era possibile dire la Parola. Pungolo contro l’illegalità, il sopruso e la mafia. In ascolto della voce dello Spirito. Gli ultimi: primi destinatari della benevolenza del Padre; gli adolescenti: suo pensiero fisso per la fragilità e l’importanza di questa fase della crescita e da qui la sua insistente attenzione al sacramento della Cresima; alla famiglia: unico vero luogo di esperienza di Dio e di incarnazione del Vangelo. Ma ancora la sua passione per l’evangelizzazione, con il richiamo insistente al risveglio della parrocchia; la passione per la città e l’invito costante alla cittadinanza attiva. Una sintesi che, come tutte le sintesi, ovviamente, ha dei vuoti, che solo il ricordo di quanti questa storia l’hanno vissuta – e in Santuario eravamo in tanti – possono colmare.
Prima della benedizione e l’atto di consacrazione ai piedi della Vergine del Tindari, è stata letta e consegnata la pergamena con gli auguri del Santo Padre.
Il Vicario Generale, don Giuseppe Cumbo, si è fatto voce e portavoce del grazie della Chiesa agrigentina per quanto ha operato in essa nei vent’anni di ministero episcopale. Per formulare l’auguro ha paragonato mons. Ferraro a Simeone: un uomo che, secondo l’evangelista Luca, si è lasciato spingere, abitare dallo Spirito ed ha colto i suoi suggerimenti. “Con il suo motto episcopale (Ignem veni mittere in terram) e il suo modo di amare e guidare la Chiesa – ha detto don Giuseppe a mons. Ferraro – Lei si è messo in ascolto e si è lasciato abitare dallo Spirito per il bene della nostra Chiesa”. Oltre agli auguri ha formulato un pensiero di gratitudine per i suoi insegnamenti che ha sintetizzato in tre espressioni: “Ci ha insegnato ad essere e agire per amore del Signore Gesù Cristo. Il secondo insegnamento fa riferimento allo stupore e alla meraviglia dei doni con i quali Dio arricchisce la nostra vita e la nostra Chiesa”; l’ultimo insegnamento, messo in risalto da don Giuseppe, è stato l’amore per il mistero dell’incarnazione, come stile pastorale. “Per amare e servire una Chiesa – ha detto – bisogna incarnarsi nella storia e nel territorio di quella Chiesa. Lei questo – ha concluso – ce lo ha insegnato e dimostrato con una vita di fedeltà al Vangelo e all’uomo, conoscendo e amando la nostra Chiesa”. Prima del rientro a casa, come in ogni festa di compleanno, non poteva mancare il momento conviviale, il taglio della torta del 90º e la foto di gruppo in ricordo di un giorno di festa e di un fratello e Pastore, che vogliamo bene e che ci vuole bene.
Carmelo Petrone

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