A 63 anni dalla tragedia, avvenuta nel 1956 nella miniera di Bois du Cazier, a Marcinelle, in Belgio, dove morirono 262 minatori, 136 dei quali italiani la frazione di Montaperto ha ospitato, come ogni anno, la commemorazione a ricordo delle vittime. Da Montaperto, infatti, provenivano due dei 136 minatori di nazionalità italiana deceduti nella sciagura, Carmelo Baio e Calogero Reale. Alla commemorazione erano presenti, per l’Amministrazione comunale, l’assessore Nino Amato che ha deposto una corona d’alloro sulla lapide che ricorda i caduti sul lavoro mentre padre Giovanni Calogero Sardella, parroco della frazione, ha officiato il momento religioso.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invece, nel giorno in cui si commemora il sacrificio del lavoro italiano nel mondo, ha voluto riaffermare in un messaggio “ la più partecipe vicinanza ai familiari delle vittime di Marcinelle e degli altri tragici eventi che hanno coinvolto i nostri connazionali all’estero, morti o feriti sul lavoro, prestato in condizioni difficili, per un futuro migliore per le proprie famiglie”. “La tragedia di Marcinelle, in particolare, – sostiene Mattarella – è parte della memoria collettiva dell’Italia e dei Paesi che ne furono colpiti – evidenzia il capo dello Stato -. Il sacrificio di duecentosessantadue lavoratori, di cui centotrentasei connazionali, ci esorta a promuovere, oggi come in passato, migliori opportunità di lavoro e massime garanzie di sicurezza per tutti i lavoratori, in Italia, in Europa e nel mondo”. Per l presidente Mattarella, “la tutela di tutti i lavoratori e la incessante promozione dei loro diritti costituiscono principi di civiltà irrinunciabili per ogni Paese e sono un obiettivo fondamentale nel processo di consolidamento della comune casa europea e dell’intera comunità internazionale”.
“Un flusso immane dall’Italia – osserva, invece, in un messaggio, Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale – che, seppure con numeri ben più contenuti, prosegue tuttora, ma con tratti diversi. Da un lato, riguarda abbastanza spesso persone qualificate, al punto che si parla di ‘fuga dei cervelli’”; d’altro lato, “oggi, all’interno dell’Ue, vige il diritto alla libera circolazione e la libertà di risiedere in qualsiasi Stato membro; la stessa cittadinanza Ue, che si affianca a quella nazionale, ci fa sentire meno stranieri, laddove un tempo eravamo tali, e il diritto Ue ci protegge da ogni tipo di discriminazione”. “Il mondo attuale è globalizzato e digitale, in continua evoluzione tecnologica, accorcia le distanze fisiche e psicologiche, ci tiene perennemente interconnessi, elimina o assottiglia le barriere, aumenta le opportunità di viaggiare, cercare e trovare un impiego non troppo lontano da casa come su scala pressoché planetaria”, nota Moavero, sottolineando come “questa ‘nuova mobilità’ transfrontaliera è purtroppo superata di molto, per numero e drammaticità, dagli odierni grandi flussi migratori, buona parte dei quali in direzione dell’Europa”. “La storia e le cronache – aggiunge il ministro – ci insegnano che è sempre difficile sapersi inserire, a pieno titolo, in tessuti sociali diversi da quello nazionale di appartenenza, fra non poche ostilità e frequenti prove da superare. Tuttavia, gli italiani emigrati e i loro discendenti hanno dimostrato una straordinaria capacità al riguardo”. Si tratta di “donne e uomini di cui siamo fieri, che hanno avuto e hanno il merito di arricchire le società in cui si sono inseriti con la loro attività, intellettuale e manuale”. “Le nostre comunità all’estero – evidenzia Moavero – hanno sempre offerto un contributo fondamentale alla crescita del Paese di accoglienza e giocano un ruolo cruciale nella conoscenza dell’Italia, della sua cultura e della sua identità in tutto il mondo. Bisogna riconoscere, con convinta gratitudine e rispetto, il loro inestimabile operato e soprattutto, mai scordarne i sacrifici”.