Corpus Domini, Montenegro: «Risvegliamoci dal torpore delle abitudini»

746

Domenica 18 giugno la Chiesa ha celebrato la solennità del Corpus Domini, una solennità nella quale la comunità cristiana rende grazie a Dio per il dono dell’Eucarestia e testimonia la fede con la processione per le vie della città.
Nella città di Agrigento, dopo la Santa Messa e la processione che si è snodata dalla Chiesa San Domenico per la via Atenea fino a raggiungere piazza Cavour, l’Arcivescovo ha tenuto la riflessione finale ed ha impartito la benedizione solenne con il Santissimo Sacramento. La comunità ecclesiale, il clero cittadino, i religiosi e le religiose, le confraternite e dei fedeli laici appartenenti a parrocchie, gruppi, associazioni e movimenti ed i ragazzi che quest’anno si sono accostati per la prima volta alla Comunione hanno partecipato numerosi.
«Passando per le nostre strade, Signore, – ha detto l’arcivescovo Francesco – ci hai ricordato che non sei lontano, che non sei soltanto nel tabernacolo e che non ti manifesti solo nei grandi eventi liturgici. Tu sei per strada, sei nelle nostre famiglie, nel posto di lavoro, nelle nostre comunità, sei in ogni uomo perché ognuno di noi ha il Tuo Volto. Tu ci ricordi che in amore non ci sono sicurezze assolute: ogni rapporto va ogni giorno cercato, costruito, reinventato, perché la storia di ognuno cambia, si evolve, acquista nuovi sapori. Anche la storia della Chiesa agrigentina di oggi non è uguale a quella di ieri. Per questo la nostra chiesa ricca e forte del suo passato, non può non farsi carico del suo domani. Noi siamo chiamati da Te a tessere la storia dei figli di questa terra, senza rimanere fuori dalla loro vita, quella quotidiana, proprio perché fatta di rassegnazione, di dubbi, di incertezze, di fragilità, di drammi e non solo quella dei grandi eventi. Se ci vedi stanchi, impigriti, delusi, se il nostro rapporto d’Amore con Te rischia di intiepidirsi e diventare ripetitivo, Signore, aiutaci a dare una marcia in più alla nostra fede. A volte sembra – ha proseguito l’arcivescovo – che le nostre comunità vivano su un altro pianeta, mentre la vita ci scorre veloce accanto. Aiutaci a risvegliarci dal torpore delle abitudini, dalla chiusura a riccio nei nostri ambienti e nelle nostre presunte sicurezze, fa che impariamo a interessarci e parlare non solo delle cose di chiesa ma anche di quelle degli uomini di questo difficile territorio, aprici a nuovi orizzonti, facci desiderare l’altra riva. Con la tua presenza, oggi, ci vuoi rassicurare che sei con noi: ci precedi, attendi, sostieni, guidi. Aiutaci a scoprire i segni che lasci nel nostro cammino e a interpretare con la Tua Parola la nostra storia, la nostra vita, i nostri luoghi. Ripetici come fare a cercarTi e incontrarTi per le strade della nostra città, del nostro quartiere, della nostra parrocchia, della nostra famiglia… Te lo chiedo perché se sapremo incontrare Te, sapremo incontrarci tra di noi.
Tu sai, Signore, come spesso la nostra fede perde di vigore. Ci viene più facile isolarci nelle nostre piccole e transitorie isole felici (le nostre parrocchie, i nostri gruppi, movimenti o associazioni), forse illudendoci di evitare così le turbolenze di cui è tessuta la storia di tutti. È vero, lungo il percorso accidentato, sono presenti tanti ostacoli ma ci sono anche non poche prospettive di novità. Tu ci chiedi di saperle riscoprire. Non ci vuoi fermi. Ci vuoi vivi, coraggiosi, entusiasti, gioiosi. Ci vuoi protagonisti vivaci del nostro tempo. Attori di una Chiesa che sparge i semi della Pasqua in una società che sembra smarrire ogni giorno di più la sua umanità.
“IO SONO, non temete!” dici nel brano evangelico scelto per il cammino pastorale di quest’anno. Ci professiamo cristiani, eppure ci capita di non tener conto della Tua reale Presenza, della Tua Forza, del Tuo Amore. Ci sentiamo spesso smarriti dimenticando che Tu ci sei e sei con noi, e non riusciamo ad affidarci a Te, come facevi Tu, quando ti mettevi in preghiera con il Padre. Signore, che nella preghiera possiamo trovare l’aiuto per superare le difficoltà e le incertezze in maniera tale che il dubbio e la paura ci sti-molino ad andare avanti anziché essere spunto per fermarsi e inventare alibi.
Tu ci chiedi di “vivere insieme” la nostra storia d’amore, insieme con Te e tra di noi. Se la nostra fede rimane un fatto individuale (come persone e come comunità) e non inonda di luce gli spazi della vita, il nostro non è vero amore. Cercarsi, capirsi, venirsi incontro, incoraggiarsi, perdonarsi… sono i codici di comportamento di chi si ama. Può capitare di sbagliare, di impigliarci continuamente nei nostri limiti, di restare delusi per i risultati dei nostri sforzi. Tu ci chiedi il coraggio di rimetterci sempre in discussione. Aiutaci, Signore, – ha proseguito l’arcivescovo – a fidarci di te veramente! A credere che dove emerge il nostro limite subentri Tu. Aiutaci a essere intraprendenti, ad avere il coraggio di cambiare i nostri progetti se ci accorgiamo che non generano amore, vicinanza, comunione, e, soprattutto, se ci allontanano da ciò che Tu vuoi e ci indichi con la Tua Parola.
Spesso preferiamo non rischiare, per evitare i problemi e per non affrontare situazioni scomode. Ci accontentiamo di poco, pur di non fare passi falsi. Magari giudichiamo chi li fa, e ci chiudiamo in difesa, arroccati su noi stessi. Continua a spingerci oltre, Signore!
Papa Francesco ha detto: “Lo Spirito è il vento che ci spinge in avanti, che ci mantiene in cammino, e non ci permette di adagiarci e di diventare un popolo “sedentario”. Fa, Signore che non sbarriamo le porte a te che vuoi vedere fremere i nostri cuori, le nostre scelte. Tu ci mandi a trasmettere la gioia di essere tuoi figli. Facci capaci di aprire porte, di abbattere barriere, di superare differenze, di accorciare distanze! Donaci l’entusiasmo di andare incontro a chi è sen-za futuro, a chi non ha Te per affrontare la vita, a chi Ti ha perso nel dolore, a chi è stato lasciato ai margini delle strade e anche delle nostre comunità. Aiutaci a non costruirci una fede su misura, da prendi tre e paghi due, appagante e consolatoria; a non applicare lenti riduttive al nostro sguardo sulla realtà che ci circonda, la più vicina come la più lontana. Non farci fermare dinanzi alle scelte più impegnative e più coinvolgenti.
Tu ci “mandi” Signore. Forse non abbiamo le scarpe giuste, il vestito buono, gli strumenti più adeguati. Ma il mondo si aspetta di riconoscere i tuoi figli dai loro gesti, dalla loro diversità, dalla loro compassione. Tu continua a guarire le ferite dei fratelli che noi sapremo guardare con il tuo sguardo, curare con il Tuo amore, scoprire nei meandri in cui si nascondono per pudore o perché lasciate sole a marcire.
Aiutaci, Signore, – ha concluso l’arcivescovo – a fare cadere il velo dietro cui si nasconde un’umanità che chiede ascolto, rispetto, dignità, accoglienza, Amore. Il Tuo. Il nostro. Amen».