È risorto! Quindi è nato. Natale tra luci ed ombre, mons. Damiano:”Accogliamo la Luce che dissolve il buio”

1746
A corredo del messaggio dell'Arcivescovo nel periodo di Natale mi piace scegliere un opera custodita nel Museo diocesano. Il Cristo Bambino dormiente sulla croce dentro la grotta della risurrezione (?) avvolto nel telo-sudario del Crocifisso-Risorto. Opera attribuita a Guido Reni e alla sua scuola. (ph C.P.)

Il primo Natale, da Arcivescovo titolare di Agrigento, per mons. Alessandro Damiano è stato un tempo ricco di grazia, incontri e impegni pastorali significativi a pochi giorni da due eventi tragici che hanno segnato la vita del nostro territorio e ferito in modo particolare le città di Ravanusa,  per l’esplosione, col suo carico di 10 morti e oltre sessanta sfollati nel quartiere “Mastri Minici” e Palma di Montechiaro per la tragica morte della piccola Ginevra nell’incendio  di casa sua.

Il 23 dicembre, dopo avere incontrato la stampa del territorio, i direttori e il personale della Curia di Agrigento e condiviso il pranzo con i presbiteri della Casa del Clero della città è partito alla volta di Lampedusa per una brevissima visita pastorale  alla comunità.

Mons. Damiano con sr. Franca sul “Molo Madonnina” di Lampedusa

Sul “Molo Madonnina” del Porto ha voluto consegnare –  insieme a sr. Franca Littarru, suora che ha prestato il suo servizio a Lampedusa nell’ambito del progetto “Intercongregazionale” a favore dei migranti – attraverso un video messaggio (guarda qui) gli auguri, a poche ore dallo “sbarco natalizio” (come lo ha definito don Alessandro)  di 90 persone tra cui quello di una mamma con il proprio bambino appena nato ed un altro in grembo.

Il 24 dicembre, facendo ritorno, dalla Maggiore delle Pelagie, alle ore 23:30 ha presieduto, nella Basilica Cattedrale,  la Veglia e la S. Messa della Notte di Natale. Poco prima ha assistito alla illuminazione di colore Verde della Torre Campanaria e del Palazzo vescovile aderendo così, unitamente alla Chiesa agrigentina, alla campagna “Diamo luce alla solidarietà” (vedi #LanterneVerdi) nata sulle pagine del giornale “Avvenire” che ha visto l’adesione, in tutta Italia, di istituzioni, comuni e associazioni con luci verdi su monumenti, piazze, fontane  in segno di solidarietà alle migliaia di migranti costretti a vivere nelle aree di confine tra la Bielorussia e Polonia e Lituania.

La Torre Campanaria illuminata di verde

Un segno che, come abbiamo detto dalle colonne del nostro settimanale, “ha a che fare – per storia e per speranza, con la novità accesa dal Natale di Gesù”. Mons. Damiano, nell’omelia della Messa ha ricordato come  “questa notte nei secoli e alla luce della Pasqua ha assunto toni particolari, dai buoni sentimenti alla divisione del calendario in “avanti Cristo e dopo Cristo”. Sì – ha affermato –  alla luce della Pasqua.

La statua del Bambino Gesù della Cattedrale di Agrigento

“Questa notte – ha proseguito, facendo eco alla Parola proclamata –  Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”.

Noi facciamo memoria – ha detto – della nascita nella carne di Colui che è lo stesso ieri, oggi e sempre; la Parola, per mezzo della quale tutto è stato fatto di ciò che esiste, entra nella storia, nel tempo dell’umanità in un periodo preciso: mentre era imperatore Cesare Augusto”.

Ha quindi,  invitato ad accogliere il “dono del Bambino” – come detto durante l’omelia, il giorno di Natale, nella Messa celebrata nella Chiesa madre a Ravanusa – come una responsabilità di maternità (vedi).  “A noi comunità dei credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà – ha affermato – Maria continua a consegnare il Figlio rendendoci madre di tutti “piccoli” della terra. E questi piccoli hanno un volto, sempre il volto degli ultimi. Lo so – ha detto – molti sono stanchi di sentire parlare di Lampedusa e di ciò che richiama, anche le mamme e i papà a volte si stancano dei bimbi che piangono. Sono stato l’atro ieri – ha confidato – a fare gli auguri alla comunità lampedusana, ho raccolto ancora testimonianze di sbarchi, di morte e di vita nascente; ho alzato lo sguardo e, con chi da li veniva, ho guardato verso i confini nord-est dell’Europa con altre morti e altre nascite al freddo e al gelo sotto lo sguardo degli aguzzìni di turno”.

Da qui l’augurio dell’Arcivescovo: “Proviamo a liberare il Natale da inutili ingombri e presentiamoci davanti al presepe, al bambino che è il Dio con noi e alla madre Sua a mani vuote e con il cuore libero, per accoglierlo nella nostra vita e custodirlo tra le pieghe e le piaghe del tempo che viviamo finché egli venga. Noi siamo madre. È vero non c’è spazio per la tristezza in questa notte, per questo illuminiamo di verde la torre campanaria della nostra Cattedrale, in segno di solidarietà ai migranti costretti a vivere nelle aree di confine tra Bielorussia, Polonia e Lituania. Un segno di speranza anche per il nostro territorio e per quanti sono in balia delle onde al largo delle nostre coste. A tutti voi – ha concluso l’omelia –  alle vostre famiglie, a chi è nella gioia e a chi è nel dolore, penso in particolare ai familiari dei fratelli e delle sorelle nati al cielo del dramma di Ravanusa così come ai familiari della piccola Ginevra di Palma di Montechiaro, un Natale sereno e pensoso sulle sorti dell’umanità”.

La visita al Carcere Petrusa

Nella mattina del giorno di Natale, l’Arcivescovo Alessandro,  ha voluto far visita ai fratelli e alle sorelle reclusi  nella  “Casa Circondariale “Pasquale Di Lorenzo” – , dove ha una S. Messa con le persone detenute e uomini e le donne della Polizia Penitenziaria. Dopo la Messa, ha visitato i reparti. “È stata una sorta di pellegrinaggio – ha confidato durante l’omelia nella matrice di Ravanusa (ascolta) –  Tanti, detenuti – ha detto – mi hanno fatto la domanda: “che senso ha celebrare il Natale? Ha un senso?” Dietro le loro vicende personali, ci sono affetti, mogli, mariti,genitori, figli… Ha senso – ho risposto – non solo perché Dio si fa compagno di viaggio, ma perché quel Dio è un Dio bambino; questa – ha affermato – è Speranza. Speranza concreta che ci invita a superare le pieghe e le piaghe della storia consegnandoci uno sguardo lungo, alto che ci fa cantare: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama ..  Chiediamo al Signore – ha concluso – che nulla possa interrompere il nostro colloquio con Lui; il Dio che si fa bambino.

La Messa nella Chiesa madre di Ravanusa

Il 25 dicembre, mons. Damiano ha presieduto la Messa vespertina del giorno di Natale, concelebrando con il parroco don Filippo Barbera, che ci ha confidato, facendosi espressione della comunità ecclesiale –  di avere molto apprezzato questo segno di attenzione e vicinanza della Chiesa agrigentina, alla comunità civile ed ecclesiale, nella persona del Pastore. La Vigilia era stato il Vicario Generale, don Giuseppe Cumbo, ad avere voluto concelebrare la Messa della Notte con don Filippo e la comunità della parrocchia San Giacomo. Dinnanzi il Bambinello, ai piedi dell’altare, sono stati accesi 8 ceri in ricordo delle 10 vittime dell’esplosione (su un unico cero i nomi di Giuseppe, Selene e Samuele.

I ceri accesi davanti il Bambinello con i nomi delle 10 vittime dell’esplosione

Nell’omelia  (vedi qui), don Alessandro ha invitato a volgere lo sguardo al Bambino nella mangiatoia. “Se attorno a noi c’è buio – ha ricordato ai presenti in Chiesa madre che hanno vissuto sulla loro pelle il dramma dei giorni segnati dall’esplosione e con essa da morte, crolli e distruzione -, ci sia dentro di noi la Luce; quella luce che rischiara il volto del bambino, che è già anticipazione del volto del risorto. Celebriamo il Natale – ha proseguito – perché c’è la Pasqua; senza la Pasqua non ci sarebbe neppure  il Natale. Accogliamo – è stato l’invito – la Luce che dissolve le tenebre. Noi siamo chiamati – ha concluso – ad essere custodi e  portatori di luce, che sappiamo intravedere sul volto di un bambino, perché trovi spazio dentro di noi  e così contagiare quanti incontriamo sulla nostra strada”.

Domani 27 dicembre, infine, nella Chiesa madre di Palma di Montechiaro, sarà l’Arcivescovo Alessandro a presiedere i funerali della piccola Ginevra “nata alla vita eterna”.

“Fare Natale – aveva detto nell’incontro con la stampa  – significa anche questo: accogliere morte e vita, vita e morte, verso un unico cammino riconciliandoci con gli eventi tragici, perché con quelli belli è facile convivere. Nell’ottica della fede dobbiamo guardare oltre a quelli ‘brucianti’ e scrutare gli occhi di Gesù bambino che parla alla nostra vita. Questo periodo – aveva confidato – si vive tra turbamento e stupore. Anche Maria è rimasta turbata all’annuncio dell’Angelo e anche io sono rimasto turbato quando ho appreso la sciagura di Ravanusa e poi quella di Palma e ho dovuto sospendere il ragionamento, perché l’emozione e le lacrime incalzavano. Questo tempo di Natale è segnato dal turbamento, ma anche dallo stupore, che è racchiuso nella frase di Isaia che ho scelto per l’occasione: “Ecco io faccio una cosa nuova:proprio ora germoglia, non vene accorgete?”(Is 43,19). Non posiamo celebrare il Natale, se non alla luce della Pasqua”.