Funerali Patrizia Russo: don Cumbo, “Ci conceda il Signore di fermare tutto ciò che è portatore di morte”

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«Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”». Desidero immaginare così l’incontro tra Gesù e Patrizia. Vedendola arrivare alle porte del paradiso il Signore sarà stato preso da grande compassione per lei e le avrà detto: “Non piangere!”

È con l’immagine evangelica dell’incontro tra Gesù e la vedova di Nain, alla quale resuscita il figlio morto, che don Giuseppe Cumbo, mercoledì 23 ottobre 2024, nella Chiesa del Sacro Cuore alle Rocche, ha iniziato l’omelia per i funerali di Patrizia Russo, la donna agrigentina uccisa dal marito a Solero, in provincia di Alessandria. Un delitto che ha lasciati attoniti e sgomenti, la comunità di Solero – rappresentata ai funerali dal sindaco e dal parroco – e i tanti agrigentini che conoscevano la coppia, ma ha anche  suscitato momenti di compassione e solidarietà nei confronti della famiglia come la veglia di preghiera nella parrocchia San Michele e il lutto cittadino proclamato dal sindaco nella giornata dei funerali e rappresentato, alle esequie, dal suo vice Aurelio Trupia.

«È sempre difficile – proseguito don Giuseppe – in situazioni come questa, trovare parole adatte che non risultino scontate o di circostanza, o parole che piuttosto che consolare magari infastidiscono.  Dinanzi al mistero della morte di una innocente si sta in silenzio, si riflette, si piange. Proprio per questo – ha proseguito – non voglio perdermi in parole ma, insieme a voi, vorrei accogliere la Parola che è stata appena proclamata, l’unica (Parola) che può illuminare il nostro cuore ottenebrato dal dolore e dallo smarrimento. Il brano del Vangelo ci ha presentato come in un dittico il dramma di una madre vedova che, insieme alla comunità, accompagna il figlio unico verso il luogo della sepoltura e la bellezza dell’incontro con Gesù che le cambierà la vita. L’incontro avviene alle porte della città di Nain: il gruppo composto da Gesù, dai suoi discepoli e da molti simpatizzanti si imbatte nel corteo funebre. Gesù non rimane indifferente ne al dolore della madre ne alla vista del corpo esanime del figlioletto e — scrive l’evangelista Luca — «fu preso da grande compassione».

È proprio partendo dalle esclamazioni che scaturiscono dalla compassione di Gesù che  don Giuseppe ha formulato un pensiero indirizzato a Patrizia e un altro da consegnare ai familiari e a tutti coloro presenti al rito delle esequie.

«Non piangere!» “Sarà stata proprio questa l’espressione che Gesù – ha detto don Giuseppe – avrà rivolto a Patrizia vedendola arrivare alle porte del paradiso. Avrà intravisto sul suo volto la preoccupazione per la sua famiglia, in particolare per i figli Giuliana e Francesco, lo sgomento per il suo sposo Giovanni. Avrà notato nei suoi occhi, innamorati della vita, lo smarrimento per un fatto inspiegabile.

«Non piangere!», avrà detto Gesù rivolgendosi a Patrizia, “in modo diverso continuerai a sostenere i tuoi figli e ad amare le persone a te care”. E lei, in silenzio, si sarà fidata di quelle parole e si sarà lasciata abbracciare.

Carissimi, anche noi desideriamo rivolgere la stessa espressione alla nostra sorella Patrizia, «Non piangere!». E facendo nostre le parole dell’apostolo Paolo aggiungiamo: «Non piangere!» perché «siamo convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche te con Gesù e ti porrà accanto a lui. (…) Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli».

È la fede nella risurrezione di Gesù che oggi ci ha convocati qui. Il germe di vita eterna ricevuta da Patrizia nel battesimo fiorisca ora pienamente nell’amore del Padre che è nei cieli.

L’altro invito che scaturisce dalla compassione di Gesù è: «Ragazzo, dico a te, alzati!»

Gesù pronuncia questa seconda esclamazione dopo essersi avvicinato e aver toccato la bara. L’immagine di quella bara di un figlio unico di una madre vedova rappresenta la nostra società sempre più segnata da conflitti, incomprensioni, solitudine e incapacità di chiedere aiuto. Sono queste le situazioni che ogni giorno ci fanno assistere impotenti alla deriva di una società che sceglie di incamminarsi verso luoghi di silenzio e di morte allontanandosi sempre di più dai luoghi della convivenza pacifica, del dialogo e della fraternità.

«Ragazzo, dico a te, alzati!» Il gesto e le parole di Gesù oggi hanno come destinatari tutti noi, tramortiti e attoniti dinanzi a un fatto inatteso che fortemente si è impresso nel nostro animo.

Storditi dalle contraddizioni della nostra storia e dai gesti inspiegabili che insanguinano la nostra società siamo invitati a continuare a vivere. Feriti dal dolore per tante morti assurde siamo chiamati a risorgere e a essere promotori di vita. L’espressione pronunciata da Gesù è rivolta in modo diretto («dico a te») a un ragazzo, a una persona giovane alla quale viene offerta nuovamente la possibilità di “prendere in mano la sua vita per farne un capolavoro” (cfr. S.G.P.II).

Questo invito oggi è rivolto a noi, alla nostra società, alle nostre famiglie: alziamoci! Risorgiamo! Ogni giorno è un’occasione propizia per ricominciare ad apprezzare quello che siamo, le persone che amiamo e quanto Dio ha messo a nostra disposizione. Accogliendo la fiducia che Dio continua a dimostrarci chiedendoci di rialzarci dalle nostre fatiche, facciamo nostre le parole dell’apostolo Paolo: «Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno».

«… i portatori si fermarono»

Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, tra gli altri protagonisti troviamo anche i portatori della bara del ragazzo. Questi si fermano non appena Gesù si avvicina per toccare la bara.

Ci conceda il Signore di fermare tutto ciò che è portatore di morte. Ci aiuti a comprendere che la violenza non risolve i problemi anzi li amplifica e che ogni forma di chiusura mentale e relazionale è l’anticamera di un tunnel che non ci farà mai vedere la luce.Ci aiuti a capire che chi provoca la morte, in qualche modo la morte ce l’ha dentro; e tutti quelli che sono morti, nel corpo come nello spirito, meritano di poter risorgere, prima che sia troppo tardi. E infine, ci aiuti a comprendere che tante “risurrezioni” passano attraverso la nostra capacità di cogliere e decifrare ogni minimo segnale di disagio e offrire relazioni efficaci di aiuto, per scongiurare il peggio; e che, quando il peggio è avvenuto, passano anche dalla nostra disponibilità a perdonare, senza per questo giustificare il male o diventare complici di chi lo compie.

 

Desidero immaginare così l’incontro tra Gesù e Patrizia. Vedendola arrivare alle porte del paradiso – ha concluso don Giuseppe – il Signore sarà stato preso da grande compassione per lei e le avrà detto: “Non piangere! Prega per quanti hanno bisogno di rialzarsi dal dolore”.