Erano in tanti gli agrigentini, in particolare quelli del centro storico, che oggi, 29 agosto 2022, nella Cattedrale di Agrigento, hanno voluto dare l’estremo saluto ad Alfonso Restivo, conosciuto da tutti come Fofò Purtuso, che il 26 agosto scorso, all’Ospedale Sant’ Elia di Caltanissetta ha concluso la sua esistenza terrena, all’età di 84 anni. (vedi)
A presiedere il rito delle esequie il parroco della Cattedrale, don Giuseppe Pontillo, presente alla Santa Messa anche il vescovo, mons. Alessandro Damiano; in prima fila i parenti e, in fascia tricolore, il sindaco Francesco Miccichè e l’assessore Roberta Lala. A concelebrare anche, i già parroci della Basilica Cattedrale, don Gaetano Di Liberto, don Melchiorre Vutera e diversi presbiteri, giunti dai comuni dell’Arcidiocesi. Ad animare la S.Messa con il canto il coro della cattedrale mentre a curare il servizio liturgico sono stati gli studenti del seminario, luogo dove Fofò era di casa. Non hanno voluto mancare al saluto i membri della comunità San Gerlando, alla quale ha sempre appartenuto e dalla quale è stato sempre, in forme modalità diverse, voluto bene; quasi tutti presenti gli abitanti della via Duomo, strada dove ha abitato fin da bambino, insieme alla famiglia, nel piccolo alloggio del sacrista ai piedi della torre campanaria, avendo svolto il papà, per tanti anni, questo servizio e da cui Alfonso aveva appreso l’arte del campanario, quando le campane non erano automatizzate, per cui può essere definito, a ragione, l’ultimo campanaro della Cattedrale.

“Non stiamo commemorando, Alfonso, personaggio della città di Agrigento, ha detto don Giuseppe Pontillo all’inizio dell’intervento omiletico, ma stiamo celebrando la sua Pasqua, quell’invito – ascoltato nel Vangelo – a prendere posto al banchetto del Regno. Ognuno di noi – ha detto ai presenti che gremivano la Cattedarle – ha un aneddoto, un pensiero, un ricordo di Alfonso, tanti, in questi giorni lo hanno postato sui social; ma oggi vogliamo lasciare spazio alla parola di Dio. Preparando questa celebrazione – ha proseguito – ho pensato subito a Giobbe (testo proclamato nella I lettura), perché nessuna difficoltà, nessun limite, nessuna dimensione terrena ha distaccato Alfonso dalla sua fede espressa nelle diverse forme e maniere come lui sapeva fare. Il linguaggio che Dio ascolta – ha detto don Pontillo – non è quello che noi codifichiamo con le nostre formule.. Il Signore ascolta il grido del povero e del semplice. Il riferimento, il rivolgersi costantemente al Signore era presente in ogni sua parola, conversazione, battuta. Tutto questo è stato espressione di una vita semplice. Per scelta? – si è chiesto – Indotta?, Non accolta? Non possiamo dare un giudizio. Alfonso era Alfonso, faceva sempre lui le sue scelte. Oggi – ha proseguito – con Fofò vogliamo ricordare tutti coloro che sono dimenticati dalla nostra società e dalla comunità ecclesiale. Dio ci insegna a ricordarli in vita più che in morte. Il povero – ha detto – è sacramento della presenza del Signore. Ci viene facile riconoscere Gesù nella presenza eucaristica, più difficile in chi vive una situazione difficile talvolta al limite della dimensione umana e sociale.
Alfonso è stato un compagno di strada per tanti… Spero che il suo passaggio su questa terra rimanga una sana provocazione perché ci possa essere più attenzione, sia da parte della comunità ecclesiale, che deve avere come vocazione il servizio ai poveri, che da parte della comunità civile che deve conoscere e cercare le situazioni di povertà ed essere più vicina nel servizio alle persone più fragili.

“Carò Fofò – ha concluso don Pontillo – come vedi, a compimento della tua vita, hai raccolto anche il frutto di tanta amicizia, di tanta vicinanza, di tanto amore che forse, né tu, né noi potevamo immaginare. Oggi siamo qui, con tante storie, tante sensibilità che tu sei riuscito a comporre, non per darti l’estremo saluto, ma per portarci davanti al Signore. La tua vita in questa celebrazione diventa un momento di provocazione: riconoscere la presenza del Signore nella semplicità e nella povertà. Un invito a farci samaritani, cirenei, capaci di saper riconoscere il prossimo in situazioni concrete.”
Al termine, dell’omelia don Giuseppe ha annunciato che Alfonso, su interessamento della parrocchia Cattedrale e per gentile concessione della Comunità dei Padri Redentoristi, che hanno servito per oltre 250 anni la città di Agrigento nella Chiesa Sant’Alfonso di via Duomo, alla quale Fofò era particolarmente legato per il nome che portava e per l’attenzione avuta dai padri, riposerà al cimitero Bonamorone nella Cappella dei Padri Redentoristi.

Prima del concedo finale, i Confrati dell’Arciconfraternità del Santissimo Crocifisso, di cui Alfonso faceva parte fin da bambino (raccontava a tutti e ne era fiero, di essere nato e cresciuto, fino all’ultimo sotto la cappella del Crocifisso della Cattedrale), hanno intonato il canto dell’ “Ah sì versate lacrime” che accompagna il Cristo morto il Venerdì Santo, tanto caro a Fofò che cantava con trasporto emotivo ogni venerdì Santo accanto all’Urna.
Alle 16:35, il carro funebre lasciava il sagrato della Cattedrale e transitava lungo la via Duomo verso il Cimitero cittadino, mentre i residenti schierati ai bordi della via applaudivano, con i volti rigate dalle lacrime, per l’ultimo passaggio, lungo quella via, che l’ha visto crescere e di cui era animatore indiscusso. Non pochi, inoltre hanno deposto fiori davanti la porta di casa, oggi chiusa ma, per tanti anni, giorno e notte, sempre aperta alla gente che passava o che andava a trovarlo.