Il 28 marzo 2025, nella parrocchia San Gerlando di Lampedusa, l’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, ha presieduto la celebrazione della S. Messa interforze, in preparazione alla Pasqua, a cui hanno preso parte le autorità civili e militari dell’isola ed in particolare gli uomini e donne componenti delle Forze armate, della Polizia e degli Enti dello Stato di stanza sull’isola di Lampedusa. Un appuntamento che, grazie all’impegno dei cappellani, si ripete ogni anno in vista delle festività pasquali; con l’Arcivescovo hanno concelebrato i cappellani don Antonino Pozzo, decano della Zona Pastorale cge che ha anche rivolto un indirizzo di saluto a mons. Damiano e don Salvatore Pavia che attualmente si trova stanziale a Lampedusa ed il parroco, don Carmelo Rizzo, presente anche il diacono Giovanni Caserta.
«Ancora quest’anno “viviamo strani giorni” – ha detto mons. Damiano nell’intervento omiletico – dall’11 aprile 1963 quando il Santo Padre Giovanni XXIII nella memorabile Enciclica Pace in terris, sulla pace fra tutte le genti fondata nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà, dichiarò la guerra «fuori dalla ragione», l’Uomo non si è riconciliato con se stesso e per questo non c’è riconciliazione tra i fratelli e le sorelle in umanità; per usare le parole del profeta Osea, si continua a “cavalcare cavalli” – oggi armi sofisticate sempre più potenti e micidiali – e a chiamare “dio nostro” l’opera delle nostre mani». L’Arcivescovo per dipingere gli attuali “sbandamenti umani” presenti sullo scenario internazionale ha citato l’espressione “guerra mondiale a pezzi” coniata da Papa Francesco e pronunciata la prima volta il 18 agosto 2014, in una conversazione con i giornalisti a bordo dell’aereo che lo riportava a Roma da Seoul, e ripetuta più volte nel corso degli anni. Sebbene – ha proseguito – non siamo di fronte a una guerra globale nel senso tradizionale, «il nostro pianeta è sconvolto da numerosi conflitti che, messi insieme, creano un quadro devastante di violenza, instabilità e sofferenza. Dagli scontri armati alle crisi umanitarie, passando per le disuguaglianze economiche e sociali, ci troviamo davanti a un ordine mondiale frammentato, in cui la pace sembra un miraggio sempre più lontano». Tra i frutti amari di questo quadro devastante – ha detto – troviamo i popoli in cammino, i migranti, non una categoria impersonale ma uomini e donne, giovani e bambini con un volto, un nome, sogni e affetti».
In questo cammino verso la Pasqua, memoria di morte resurrezione, rinnovato invito alla vita nuova del Vangelo, come lo scriba – ha proseguito, richiamando la pagina del Vangelo – chiediamoci anche noi: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. (Ovvero con tutto te stesso) Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Dalla accoglienza di questa Parola dipende l’avvento e la realizzazione della “civiltà dell’amore” che si opponga alla “cultura della morte”.
Ha poi richiamato all’attenzione dei presenti gli interventi del Presidente Mattarella che – ha notato mons. Damiano – in questi mesi più volte ha insistito sul concetto che bisogna pervenire a «una pace giusta e duratura che non sia fragile ne’ transitoria ma che sia una soluzione basata sulle norme della carta dell’Onu, sul diritto internazionale e che sia accettata dalle (due) parti» coinvolte.
Un elemento fondamentale sarà – ha proseguito – la capacità di affrontare le cause profonde dei conflitti, con le parole del profeta Osea «togliere ogni iniquità»: la disuguaglianza economica, l’accesso alle risorse naturali e il cambiamento climatico, che sempre più spesso funge da moltiplicatore di instabilità. Senza un intervento deciso su questi fronti ogni tentativo di costruire un ordine mondiale stabile sarà destinato a fallire. Da accordi economico-finanziari non si può attendere una «pace giusta e duratura».
La “guerra mondiale a pezzi” – ha evidenziato l’Arcivescovo – non è un fenomeno inevitabile, ma il risultato di scelte politiche, economiche e sociali. La pace non è un’utopia irraggiungibile, ma richiede volontà, coraggio e cooperazione. È un appello che riguarda tutti, dai leader mondiali ai cittadini comuni, affinché il futuro non sia segnato dalla frammentazione, ma da una rinnovata solidarietà globale. In attesa di un nuovo ordine mondiale, la sfida più grande rimane quella di riconoscere che la pace non è solo l’assenza di guerra, ma la costruzione di società giuste, inclusive e sostenibili. Il vostro servizio – ha concluso – di proteggere, custodire, salvare vite è importante, fuori d’ogni ideologia, necessario all’avvento della fraternità nella famiglia umana. Un obiettivo che, nonostante tutto, merita ogni nostro sforzo».