Lampedusa, quando l’accoglienza fa i conti con la paura

589

Lampedusa, avamposto d’Europa, si trova a dovere affrontare, ancora una volta in stato di emergenza, lo sbarco dei migranti sulle sue coste. Dopo l’appello del sindaco dell’isola Totò Martello di accogliere i migranti su navi ospedali al largo dell’isola, ipotesi caldeggiata dal presidente della Regione Nello Musumeci e da parecchi sindaci dell’agrigentino, si è aggiunto quello del vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, all’Europa perché non lasci solo questo territorio nel difficile compito dell’accoglienza in questi tempi così particolari.
Per farci raccontare il clima che si respira sull’isola abbiamo incontrato il parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra.

Il sindaco Martello nei giorni scorsi ha lanciato un appello al Governo perché prendesse provvedimenti in merito agli sbarchi di migranti sull’isola, don Carmelo qual è la situazione attuale? Che aria si respira?
Attualmente a Lampedusa sono presenti un centinaio di persone migranti approdate nelle scorse settimane e tenute in quarantena. Non ci sono stati arrivi in questi giorni, tranne singole persone per motivi sanitari. Le strutture presenti sull’Isola non consentono la quarantena dei migranti, specialmente se dovessero arrivare in numero maggiore a motivo delle condizioni atmosferiche favorevoli. Il Sindaco e le forze dell’ordine stanno facendo il possibile per conservare la sicurezza e la salute di isolani e migranti ma si trovano a lavorare nell’incertezza delle norme. I migliori decreti e regolamenti, emessi in questi giorni per la salvaguardia della salute e dell’economia, hanno il difetto di essere concepiti esclusivamente dalla nostra prospettiva; non si tiene conto che la mobilità umana non si arresta in periodo di emergenza e che continuano ed esistere persone che necessitano di soccorso quotidianamente. In questo clima di incertezza, le ultime persone approdate sull’Isola sono state costrette a passare anche la notte al freddo sul molo nell’attesa dell’arrivo di messi idonei per il loro trasferimento sulla terra ferma.
Nonostante ciò, per quanto riguarda il virus, la situazione è molto serene e la maggior parte dei Lampedusani sta rispettando bene le regole.

Nota intolleranza nei confronti dei migranti che sbarcano sull’isola tenuto conto che uno di loro è risultato positivo al Covid-19?
Noto che in questi giorni di quarantena ciascuno di noi emerge spesso con il suo lato migliore ma qualche altra volta si mostra il peggio. La tentazione di arrivare a soluzioni semplicistiche sta sempre alla porta. Non è difficile che, mentre la gente si lascia sopraffare dalla paura, a volte anche alimentata dall’opportunista di turno, si cerchi un capro espiatorio. Naturalmente a pagare seno sempre i poveri che hanno la grande colpa di stare dalla parte sbagliata del confine. Qualche volta anche l’ostentata cristianità non è garanzia di una visione evangelica della vita, dove l’amore per il prossimo non prevede circostanze.
Il ragazzo risultato positivo non è mai uscito dal molo e non ha mai avuto contatto con la popolazione locale, anche il personale militare e sanitario che lo ha assistito risulta negativo al virus.

In questi giorni sulla piattaforma charge.org è partita una petizione di un gruppo di associazioni che raggruppano imprenditori del settore turistico-ricettivo rivolta al presidente Conte in cui si chiede di non fare approdare i migranti sull’isola ma di farli sbarcare al largo su navi ospedali e trasferirli in altre località. È finita l’accoglienza che ha fatto di Lampedusa un faro da prendere come esempio?
La richiesta che prevede la petizione può avere un senso ed è stata anche superata dal provvedimento che la Protezione Civile ha emesso sulla quarantena dei migranti.
La vocazione all’accoglienza di Lampedusa non è finita e non potrà essere cancellata perché scritta nella sua storia e nella sua geografia. In questo periodo si deve fare di tutto per garantire la migliore assistenza, anche sanitaria, alle presone che arrivano e Lampedusa non è in grado di farlo al momento. Certamente l’Isola continua ad essere una zattera gettata nel Mediterraneo e nulla potrà impedire che chi è in pericolo si aggrappi ma, potendo scegliere, è giusto prevedere soluzioni migliori. L’esperienza del Coronavirus sta facendo comprendere all’umanità di essere tutta sulla stessa barca. Non ce la caveremo chiudendo i confini o pensando al nostro bene, perché non c’è “nostro bene” che non coincida col bene di tutti.