Il grido “Convertitevi!” che Giovanni Paolo II pronunciò al termine della messa nella Vale dei Templi “è stata una pietra gettata nello stagno, che ha avuto subito delle reazioni visto che anche i mafiosi hanno risposto con le bombe. Per cui hanno ascoltato quel grido”. Lo ha affermato questa mattina, 23 maggio, il card. Francesco Montenegro, intervenendo in collegamento da piazza san Pietro all’evento “Palermo chiama Italia” nel 26° anniversario della strage di Capaci, nella quale il 23 maggio 1992 persero la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. “Non credo che si possa misurare il cambiamento che c’è stato”, ha spiegato il cardinale. Quello di Giovanni Paolo II “è stato un grido che è andato sempre più ampliandosi. Non è che abbiamo cambiato la realtà, perché è dura cambiarla. Però credo che abbia toccato molte coscienza, qualche mafioso”. Inoltre “ha permesso di iniziare a parlare di mafia con più coraggio. Prima era una parola sussurrata. Ora si può parlare di mafia, perché quel dito puntato ci ha ricordato che bisognava farlo”. E riferendosi alle parole di Papa Francesco a Cassano allo Jonio, Montenegro ha rilevato che la mafia è “una mentalità perché è un modo corrente di pensare, soprattutto nel Sud ma che si è divulgata abbastanza. È la mentalità della dipendenza, la mentalità del prepotente che deve tenere sotto controllo il tutto e chi vuole guardare al futuro deve passare da questi uomini; i giovani stessi devono restare curvi perché se si mettono diritti rischiano di uscire fuori dal gioco”. Il cardinale ha evidenziato che “c’è tutto un modo di essere che coinvolge sempre più la società e tante volte neppure ci si accorge di essere caduti nel tranello”. Montenegro ha concluso esprimendo preoccupazione per la progressiva chiusura ad Agrigento dell’Università: “Quando tu chiudi il centro di cultura – ha domandato – chi prenderà lo spazio, chi si metterà al posto il posto? Il chiudere e mettere da parte la cultura è dire alla mafia ‘C’è posto per voi’”.
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