Anche quest’anno, venerdì 4 dicembre 2020, memoria liturgica di S. Barbara, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Agrigento ha voluto onorare la Santa martire, patrona del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Nella parrocchia Santa Croce (Villaseta) di Agrigento si è tenuta una celebrazione Eucaristica presieduta da mons. Alessandro Damiano, Arcivescovo coadiutore di Agrigento che ha rappresentato ai Vigili la vicinanza del card. Francesco Montenegro. A causa dell’emergenza sanitaria in corso, la festa ha assunto un tono quasi familiare, con un una presenza contenuta nei numeri ma non minore nella partecipazione dei presenti. Alla Messa hanno preso parte solo i vertici del Comando Provinciale e una rappresentanza degli uomini e delle donne del Corpo.
Mons. Damiano, nell’omelia, ricordando la santa martire Barbara, perseguitata per la sua adesione a Cristo, ha ricordato come “anche oggi ci sono persecuzioni nella nostra Europa, anche se non sono di sangue. Sono persecuzioni che, di fronte all’annunzio della buona notizia del Vangelo, sono insidiose. Nelle Afriche – ha ricordato – queste persecuzioni sono violente e spargono sangue tra cristiani e non solo. La testimonianza cristiana – ha ricordato ai presenti – è impegnativa. Santa Barbara, ci narra la storia, esce dal carcere indenne dopo che la prigione fu attaccata dal fuoco. Venne denunciata dal padre perché si era convertita al cristianesimo e per questo condannata a morte”. L’Arcivescovo coadiutore, si è poi soffermato sull’espressione “uscire indenni dal fuoco”, che – ha detto – “è il fuoco delle fiamme ma anche il fuoco del peccato , da cui possiamo uscire indenni”. Commentando, il brano della prima lettura, tratta dal profeta Isaia e quello del Vangelo, di Gesù che guarisce due ciechi ha detto: “ Isaia, in questo tempo di avvento ci aiuta a rinverdire la nostra attesa del Signore che viene. Lo fa con parole interessanti e di grande conforto in un momento in cui il profeta viveva un grande sconforto, come il tempo che ci è dato di vivere”. In particolare, don Alessandro, ha voluto consegnare presenti una domanda tratta dal Vangelo quando Gesù ai due ciechi che gli andavano dietro chiede: “Credete che io possa fare questo?” Credere, non tanto – ha proseguito don Alessandro – di riavere la vista, come fanno i due ciechi, ma quello che può chiedere ciascuno di noi.
Noi, ha proseguito, crediamo davvero che il Signore può fare. Nella guarigione dei due ciechi, ha continuato – si realizza la parola di Isaia (ascoltata nella prima lettura) : “udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno…” (is. 29,17). Il profeta Isaia, ha ricordato l’Arcivescovo Alessandro, non aveva la classica “palla di vetro” per vedere il futuro. Aveva, invece, una lettura sapienziale della storia e degli avvenimenti. Tutti – ha chiesto ai presenti – dobbiamo coltivare una lettura sapienziale della vita, dobbiamo scoprire la capacità di leggere la storia in modo sapienziale. Per farlo – ha ricordato – bisogna vedere non solo con la vista ma con quella sapienza che ci viene da Dio, in Cristo Signore e nella sua Parola”. In particolare ha chiesto di leggere in maniera sapienziale questo nostro tempo che sta sconvolgendo l’umanità, ma anche le nostre vicende personali. “Il Signore – ha detto – ci può aprire gli occhi, dobbiamo, però, crederlo; questo atto – ha ricordato – non può farlo un altro al posto nostro. Nella risposta da dare all’interrogativo “credi che io possa fare questo?” siamo illuminati dalla risposta che danno i due ciechi nel Vangelo: “Si, o Signore!”. Se siamo capaci – ha proseguito – di rispondere come i due ciechi, i nostri occhi si apriranno; occhi che ci permettono di leggere la nostra vicenda umana. Noi crediamo – ha continuato – che il Signore può darci una vista nuova per leggere la nostra storia le nostre vicende, i fatti della nostra vita. E quando non ce la facciamo da soli, cerchiamo il compagno accanto. Immagino – ha detto rivolto ai Vigili – che nel vostro lavoro sapete che cosa significhi poter contare sul compagno accanto. Nessuno si salva da solo!” “Cari Vigili – ha concluso – Dio vi aiuti ad affrontare il lavoro quotidiano. Il vostro servizio è una missione particolarissima; quante situazioni di miseria, inquietudine, disagio, incontrate nel vostro lavoro. Sappiate essere amici di ogni persona che incontrate; fate in modo che l’indifferenza non prevalga sulle relazioni. Chi si sforza ad amare Dio e i fratelli contribuisce, silenziosamente, a costruire un mondo più giusto, più umano, più sicuro. Mi piace pensare – ha detto – che voi, nello svolgimento del vostro lavoro, siete, in un certo modo, “ministri e servitori della speranza”. Santa Barbara, interceda per voi ».
Prima della benedizione finale, l’ing. Andrea Abruzzo, vice comandante, a nome di tutti , ha letto la preghiera del Vigile del fuoco e il Comandante provinciale, ing. Giuseppe Merendino, ha tenuto un breve discorso nel quale ha ringraziato don Alessandro e il parroco per l’accoglienza, ma soprattutto i Vigili del fuoco di Agrigento che, malgrado le difficoltà del momento, hanno condiviso il desiderio di pregare e di ringraziare il Signore, per intercessione di Santa Barbara. “Voi vigili, ha detto il comandante, in questo momento difficile, anziché cedere all’angoscia avete stretto i denti. Anzi, la pandemia – ha proseguito – è stata l’occasione per approfondire le conoscenze, addestrarsi su specifiche procedure, adottare tutti i procedimenti necessari per controllare l’eventuale propagarsi dell’infezione. Avete fatto il vostro lavoro con la consueta efficacia ed efficienza. Grazie quindi di avere condiviso con me il modo di concepire il nostro lavoro. Il vigile del fuoco – ha ricordato – è un uomo risolutore di problemi, non indulge nel lamentare le difficoltà che lo affliggono, ma cerca sempre le soluzioni per svolgere al meglio il proprio compito. Si fa forte del gruppo, della squadra, ascolta, comprende, risolvere le divergenze, si carica sulle spalle il problema e lo affronta. Ha salutato, infine, le organizzazioni sindacali, con cui, ha detto, “abbiamo cercato di trovare le migliori soluzioni possibili, dei nostri problemi. Infine, un abbraccio affettuoso particolare, l’ha voluto dedicare ai pensionati. “Sono i nostri fratelli maggiori, le nostre radici, su cui continuiamo a edificare il nostro Corpo. Non è mancato, inoltre, anche il ricordo per i caduti nello svolgimento del proprio dovere. “ Restiamo – ha detto ai suoi uomini – una squadra sola”. E citando una frase di Luciano De Crescenzo ha concluso: “siamo tutti angeli con un’ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati”.