Un restauro conservativo ha ridato nuova luce al Crocifisso del Palazzo Arcivescovile, eseguito dal restauratore Roberto Pecoraro (vedi foto) e diretto dall’Ufficio Beni Culturali della Curia.
Il Crocifisso, a grandezza naturale, appartiene al corredo liturgico del Palazzo Arcivescovile. La scultura, priva di bibliografia, presenta una lavorazione puntuale e dettagliata in tutte le sue componenti. Le membra, dall’aspetto possente, presentano i colori di un corpo appena spirato, ove i segni della sofferenza sono resi in modo pittorico nei rivoli di sangue, le cui gocce sono visibili principalmente nei piedi e nelle mani rigonfi. La postura, non è rigorosamente frontale, il volto è lievemente reclinato sulla destra e aggettante in avanti donando al corpo un accenno di movimento.
L’opera esibisce una particolare impostazione iconografica, diffusa sul territorio agrigentino nel Settecento. Una “raffinata ricercatezza” con cui sono resi i particolari anatomici ben proporzionati, ove le tumefazioni e le escoriazioni del corpo di Gesù sono affidate a soluzioni di natura pittorica piuttosto che scultorea, che si distanziano dalla tradizione passata. I crocifissi precedenti, più inclini all’uso di incisioni sul legno e agli inserti polimaterici, dovevano trasmettere l’immagine di un corpo umano ormai tumefatto, mentre i crocifissi del Settecento, resi da una forte tensione fisica ed emotiva, comunicano un corpo umano ancora in agonia.
Il Crocifisso restaurato presenta strette analogie stilistiche e compositive con altri crocifissi presenti sul territorio di Agrigento: chiesa di San Lorenzo, l’ex Chiesa Sant’Onofrio e la chiesa Badiola. Si coglie in tutti questi esemplari stesse sigle stilistiche riconducibili ad una medesima Scuola di scultori locali. Si tratterebbe verosimilmente della Scuola fondata dallo scultore trapanese Rocco Jacopelli, e radicatasi sul territorio per tutto il Settecento.
Altri confronti pertinenti coinvolgono le due pregevoli statue raffiguranti san Gerlando e san Libertino custoditi presso la Cattedrale e le due statuine raffiguranti i santi Agostino e Tommaso presso l’Aula di Teologia del Collegio omonimo, quest’ultimi opere autografe del maestro Rocco Jacopelli.
Il crocifisso restaurato è riconducile, grazie ai risultati dell’avvenuto restauro conservativo, alla sgorbia del Maestro Rocco Jacopelli “un trapanese operante tra Sei e Settecento e fondatore, secondo Agostino gallo di una scuola per scultori ad Agrigento. Documentato fino al 1721.
Intervento di restauro. Dal punto di vista conservativo l’opera presentava lesioni nelle braccia e nelle gambe a causa di una mancanza di gancio di sostegno, che non permetteva di scaricare equamente il peso di tutto il corpo. L’aspetto esteriore risultava pesantemente manomesso con alterazioni cromatiche, dovute a vernici ed olii ossidati, con un aspetto ambrato, occultando l’originario incarnato. Mancanze ed abrasioni erano diffuse su tutto il corpo. La tecnica pittorica si presenta con preparazione a base di biacca e olio, stesa direttamente sul supporto. Nella schiena si intravedeva, oltre la polvere cumulata nel tempo anche il colore originale.
L’intervento di restauro si è suddiviso in diversi step, Quella più importante e più delicata è stata la pulitura delle vernici alterate che occultavano la scultura; le principali fasi di restauro adottate sono state: spolveratura, consolidamento della pellicola pittorica, trattamento antitarlo, pulitura, verniciatura, stuccatura, reintegrazione pittorica.
Preventivamente sono stati asportati i depositi superficiali incoerenti, con l’ausilio di pennellesse. Per quando riguarda la pulitura delle stesure di vernici (olii e gommalacca), sono stati eseguiti dei test utilizzando il portale Triansolv per la scelta dei solventi e metodi di pulitura idonei. Osservando con la lampada UV si notavano chiaramente le sovramissioni di olii invecchiati. Dopo aver completato le operazioni di consolidamento, pulitura e prima della stuccatura , è stata effettuata la prima verniciatura con la vernice spray Retoucher Surfin della Lefranc&Bourgeois per proteggere la pellicola pittorica dell’incarnato originale. Con la stuccatura sono stati colmati tutti i fori più evidenti nel perizoma e tutte le lacune su tutto il corpo, mediante gesso di bologna e colla di coniglio. Una volta asciutte sono state rasate a bisturi. Al termine dell’operazione si è passati all’integrazione pittorica. La prima fase ad acquerello, mentre per le lacune più grandi, mani e braccia è stata eseguita la tecnica del puntinato; n altri casi anche il ritocco a rigatino e le velature. La verniciatura finale è stata eseguita con vernice spray semi-mat dellaLefranc&Bourgeois. Il restauro, inteso come azione principalmente critica ha permesso di far chiarezza sulle fattezze originarie del Crocifisso, così come sono state pensate dal suo scultore. Nel recupero della pellicola pittorica originale si è fatto chiarezza sulla tecnica pittorica applicata, ovvero una sovrapposizione di stesure di biacca e olio, al posto della comune preparazione di gesso/colla animale. Inoltre gli sgorghi di sangue rinvenuti non erano realizzati in rilievo a pastiglia ma delicatamente dipinti.
Domenica Brancato
Guarda il video con le fasi del restauro, della ricollocazione e le parole dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro qui: https://fb.watch/50Uh3NsZKe/