30° DIA: mostra e convegno per ricordare trent’anni di impegno antimafia “Vis unita fortior”

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Dopo gli appuntamenti di Palermo e Trapani la mostra l’«Antimafia itinerante», promossa dalla Direzione Ivestigativa Antimafia (DIA) nel trentennale di fondazione, ha fatto tappa, lunedì 22 novembre 2021, ad Agrigento. Essa, attraverso pannelli, con rimandi multimediali, illustra la storia di questo organismo investigativo interforze che ha scritto trent’anni di storia di contrasto alla criminalità organizzata. (vedi)

L’iniziativa è stata illustrata, ieri, 22 novembre, nella sala conferenze del Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo”, che ospita la manifestazione.  Il capo della DIA di Agrigento, il vicequestore Roberto Cilona, unitamente al direttore del Parco archeologico della Valle dei templi di Agrigento Roberto Sciarratta  hanno una conferenza stampa di presentazione della mostra che sarà aperta al pubblico, a titolo gratuito, nelle giornate del 23, 24 e 26 dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 e nelle giornate del 22 e del 25 novembre dalle 15.00 alle ore 18.

A fare da filo conduttore all’evento, lo slogan “Io sono no mafia”; la frase dello spot istituzionale “che in quaranta secondi trasmette il messaggio della Direzione Investigativa Antimafia attraverso le giovani generazioni. Un’ideale testimone che le donne e gli uomini della D.I.A. consegnano ai ragazzi e alle generazioni future, quale segno di educazione alla legalità e alla cultura antimafia”.

Oltre alla mostra, ad Agrigento, è in programma,  giovedì 25, alle 11.00, un convegno sul tema «L’influenza della religione nella lotta alla mafia», al quale interverranno il direttore della DIA, Maurizio Vallone, l’arcivescovo di Agrigento, Alessandro Damiano, il capo Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, Michele Di Bari, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, il presidente della Pontificia Accademia mariana internazionale, padre Stefano Cecchin, il rabbino della Comunità ebraica di Napoli, Maskil Ariel Finzi, il segretario generale della Confederazione islamica in Italia, Massimo Cozzolino, e il vice direttore amministrativo della DIA, generale Antonio Basilicata. Modererà il giornalista Franco Castaldo.

Lo stesso giorno dell’inaugurazione il dott. Cilona, ha tenuto una visita guidata alla mostra e successivamente un incontro con gli studenti del seminario Arcivescovile di Agrigento (foto accanto) durante il quale ha illustrato il lavoro e le attività  della DIA, con particolare riferimento al contesto territoriale agrigentino. Una provincia, la nostra – come lo stesso Cilona aveva ribadito in occasione della presentazione della “Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla DIA” nel secondo semestre del 2020 (Leggi quii) – che appare caratterizzata dalla pervasiva presenza sia di cosa nostra,  sia, in specifiche aree, della stidda. Su alcune porzioni del territorio provinciale – ha spigato ai seminaristi –  opererebbero in ossequio alle tipiche logiche mafiose anche altri gruppi a base familiare quali i paracchi (presenti a Palma di Montechiaro)  e le famigghiedde (presenti a Favara). Sodalizi questi ultimi che risultano ricercare forme di intesa o di cooperazione subalterna con le consorterie appartenenti a cosa nostra e alla stidda. Insomma una “pressione” mafiosa che condiziona lo sviluppo economico depauperando il tessuto sociale e produttivo. Entrando, poi nello specifico dell’impegno della DIA ha illustrato, il metodo di lavoro, con l’acquisizione e l’analisi delle informazioni concernenti i fenomeni criminali di stampo mafioso sia con le investigazioni preventive, sia con quelle di carattere giudiziario (sequestri e confische) per il contrasto alla criminalità organizzata, ma anche la promozione e lo sviluppo dei collegamenti con gli organismi esteri specializzati nella lotta alla mafia. Un lavoro trentennale confluito nella mostra che sarà esposta in 22 città italiane ed è visitabile anche virtualmente. (Mostra virtuale vedi)

Era il 29 ottobre 1991 quando la DIA cominciava a muovere i primi passi fortemente voluta, progettata e istituita da Giovanni Falcone “che aveva intuito – come scrive Elisa Chiari su Famiglia Cristiana –  che la dimensione tentacolare di Cosa nostra (ma vale per tutta la criminalità organizzata) non si sarebbe potuta contrastare con la parcellizzazione delle conoscenze e con la dispersione determinata dagli steccati della competenza territoriale. Capì in anticipo sui tempi che nemico unitario, ramificato e capace di grandi interconnessioni, si sarebbe potuto contrastare soltanto attivandosi con una eguale coordinazione e con competenza su tutto il territorio nazionale, anche per evitare la dispersione di informazioni che è invece decisivo mettere in comune, con unità di metodo. Un concetto che si riassume nel motto della Dia, una locuzione latina che recita vis unita fortior, il cui senso è: la forza unita è più forte”. Da allora tanti sono stati i traguardi raggiunti a beneficio della collettività. In trent’anni – dice il dott. Cilona – sono stati quantificati circa 25 milirdi di euro sequestrati alle mafie, per complessivi 12 miliardi di confische. Per quanto riguarda le attività giudiziarie – anche con proiezioni internazionali con collaborazioni di polizie, in questi decenni di operatività ha assicurato alla giustizia 177 latitanti, infliggendo un colpo devastante all’ala militare delle mafie, soprattutto di cosa nostra, ma anche ndrangheta e della camorra.

la Sala del Telamone sede della mostra (foto Carmelo Petrone)

Insomma,  una mostra da visitare, in un contesto unico, la sala del Museo di Agrigento che custodisce l’unico telamone originale, del maestoso Olympieion dell’Antica Akragas, non solo per conoscere o rileggere gli ultimi trent’anni di storia, ma anche come omaggio agli uomini e le donne della DIA che, come Telamoni, non di pietra, ma in carne ed ossa, reggono la trabeazione della nostra convivenza civile con una azione unica e particolare di contrasto al crimine organizzato. Uomini e donne che, per motivi di sicurezza, parlano poco e non appaiono mai, ma che – con i fatti e nel silenzio della loro professionalità, che sovente li porta lontani dalle loro famiglie – donano ogni giorno fiducia agli italiani per la costruzione di un Paese più giusto, libero dalla sopraffazione del potere criminale.

 

 

 

 

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