Accursio Miraglia: il comunista amico del prete

Molto spesso sentiamo questa frase in occasione di giornate particolari in cui si ricordano fatti o uomini che, hanno cambiato la storia. La utilizziamo per la Giornata della memoria, nei giorni in cui vennero barbaramente uccisi i giudici Rosario Livatino, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone. Da 70 anni ormai la frase si pronuncia per Accursio Miraglia.

Un gigante buono. Un metro e novanta per cento chili di peso di umanità, di giustizia, di generosità e di intelligenza. Emerge imponente Miraglia dalle parole del figlio, Nicolò, che di suo padre non ricorda nulla. Aveva solo tre anni quando il suo papà venne ucciso, ma attraverso i racconti dei familiari e dei tanti amici è come se lo avesse conosciuto.

Accursio Miraglia a Sciacca è una figura ancora viva e significativa. Viva nel ricordo dei marinai, dei figli degli agricoltori che insieme a lui lottarono perché venisse applicata, senza spargimento di sangue, la legge Gullo-Segni; delle anziane suore, che serbano nel loro cuore le immagini dei carretti pieni di generi alimentari e vestiario che settimanalmente arrivavano per gli orfanelli e che non cessarono di arrivare dopo la sua morte.

Uomo colto, pittore, poeta, imprenditore con una fissazione: la giustizia. Amico fraterno di don Michele Arena – altra grande figura che i saccensi portano nel cuore – a cui lo legavano sentimenti di affetto e profonda stima.

In un periodo storico in cui il comunismo era visto come la manifestazione del maligno, don Michele Arena trovò nel comunista Accursio Miraglia il compagno con cui lottare per una società migliore, in cui gli ultimi, i diseredati, gli orfani, le vedove avessero la possibilità di riscattarsi e migliorare le loro condizioni di vita.

Ho visitato con Nicolò Miraglia i luoghi in cui visse il padre. La prima tappa è la chiesa delle Giummarre che, negli anni del secolo scorso, ospitò l’orfanotrofio. «Mio padre – racconta Miraglia – era solito far arrivare una volta a settimana un carretto trainato da un asino pieno di vettovaglie per i bambini di questo orfanotrofio e di quello del Boccone del Povero». Lontano dal clamore Accursio Miraglia aveva stretto un patto con Arena: «Quando in orfanotrofio arrivava un nuovo ospite – continua Nicolò – don Michele si recava da mio padre chiedendogli mille lire. Mio padre non chiese mai all’amico a cosa gli servisse quella cifra, si limitava soltanto a consegnare quanto richiesto. Scoprimmo che con quella cifra il sacerdote acquistava tutto l’occorrente per il nuovo ospite dell’orfanotrofio, dal letto alle coperte, al vestiario». La terra e il mare, nei primi anni del secolo scorso, riservavano gli stessi rischi sia per chi andava per le campagne sia per chi affrontava, talvolta su imbarcazioni precarie, il Mediterraneo. Gli incidenti e i naufragi oltre alla prematura morte di un uomo portavano allo sgretolamento delle famiglie, con le donne costrette a portare i figli in orfanotrofio perché impossibilitate a poter provvedere al loro sostentamento.

Riesco così a comprendere perché la memoria di Accursio Miraglia, dopo 70 anni dalla morte, sia ancora viva nella popolazione di Sciacca: molti di quegli orfanelli, oggi uomini adulti con figli e nipoti, hanno avuto da quel gigante buono un aiuto concreto, una dimostrazione di affetto ed amore incondizionato, nel momento di maggior bisogno.

Dopo la chiesa delle Giummarre, Nicolò mi porta in vicolo dell’Orfanotrofio, alle spalle della chiesa Madre di Sciacca. Lì il padre venne ucciso con una raffica di mitra. Il colpo mortale lo raggiunse alla gola. «Inizialmente – mi racconta Nicolò – mio padre non pensava fossero degli spari. Ecco perché si affacciò dal ballatoio. Si spiega così la traiettoria del colpo mortale». In quella casa, non più di proprietà della famiglia Miraglia, resta ancora un segno di quella notte di morte: un proiettile conficcato nel muro.

In piazza Lazzarini a pochi metri dalla casa si trova il monumento che ricorda Accursio Miraglia, un busto in bronzo lo rappresenta mentre guarda l’orizzonte. «Questa posizione del busto – spiega il figlio – ripropone l’immagine di mio padre tratta da una fotografia scattata durante la cavalcata che portò a Sciacca più di diecimila persone provenienti da tutta la Provincia. Una pacifica manifestazione con cui gli agricoltori chiedevano l’attuazione della legge Gullo-Segni con la quale l’allora governo di unità nazionale assegnava le terre incolte e mal coltivate ai contadini riuniti in cooperative. Mio padre, mentre il fotografo scattava la foto, stava guardando le tante finestre che si sprangavano al passaggio del corteo».

Accursio Miraglia venne ucciso perché voce dell’umile gente che chiedeva l’attuazione delle leggi. La mano della mafia, armata dai servizi segreti americani e da altri politici loschi interessi, decise di porre fine alla vita del sindacalista Miraglia la sera del 4 gennaio 1947, mentre rincasava dalla Camera del Lavoro. «Dirigente e costruttore del Partito Comunista italiano – mi racconta il figlio Nicolò – dirige la Camera del Lavoro, espressione massima dello spirito comunitario e dei diritti dei lavoratori. Vi trascorreva, tutte le sere, parecchie ore insegnando a leggere e scrivere ai lavorati analfabeti. Fonda la cooperativa la “Madre Terra” e con essa una forma di solidarietà sconosciuta prima». L’ultimo incarico assunto da Accursio Miraglia è stata la presidenza dell’Ospedale «anche lì – dice il figlio – i suoi ideali umanitari si concretizzarono. Il malato non fu più un mendicante di salute ma un fratello bisognoso di amorevoli cure ed attenzioni».

Dei mandanti e degli esecutori materiali dell’uccisione di Miraglia si sanno i nomi ed i cognomi ma come accade di frequente, sono rimasti impuniti. Poco più di un milione, una mula ed un pezzo di terreno tanto guadagnarono gli assassini di Miraglia che, come mi racconta Nicolò, vissero tranquillamente fino alla loro morte avvenuta per cause naturali. «Molto spesso – racconta Nicolò – ho incontrato per le vie di Sciacca gli assassini di mio padre».

Della morte di Miraglia come quella di altri sindacalisti del primo dopoguerra forse in futuro, ci auguriamo prossimo, si potrà avere finalmente giustizia. Di certo la figura dell’uomo Accursio Miraglia merita di essere celebrata, ricordata e tramandata. Ma nell’attuale deficit di impegno sociale e di diffusione della giustizia, in cui la mafia sembra quasi non esistere più, quanto lasciatoci da Miraglia deve essere lo stimolo per quel riscatto che la nostra terra attende da secoli.

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