“I morti in mare durante la traversata del Mediterraneo partiti alla ricerca di un futuro più dignitoso sono un dito puntato contro la nostra incapacità di immaginare un futuro in grado di dare speranza e orizzonti di vita a tutti e a ciascuno in ogni parte del mondo”. Lo afferma oggi don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, commentando il naufragio avvenuto la scorsa notte al largo dell’isolotto di Lampione, vicino Lampedusa, dove un gommone partito da Sfax, in Tunisia, con 56 persone a bordo, è affondato causando almeno sei morti e circa quaranta dispersi. Dieci superstiti, tra cui quattro donne, sono stati tratti in salvo dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza e condotti all’hotspot di Lampedusa. Don Pagniello sottolinea che “nei giorni in cui la violenza spietata delle guerre riprende il sopravvento sulle prospettive di pace, a maggior ragione è richiesto a tutti, a ogni cittadino ma in particolare a chi ha ricevuto il mandato di lavorare per il bene comune, di andare oltre gli interessi di parte e di rispondere in primo luogo ai bisogni di chi non ce la fa a vivere e si trova costretto ad abbandonare la propria terra”. “Non possiamo abituarci a questi eventi, quasi si trattasse di ordinaria amministrazione”, conclude.
“È il secondo, drammatico naufragio in due giorni nel Mediterraneo. Martedì la guardia nazionale tunisina scrive Avvenire aveva infatti soccorso 612 migranti, recuperato i cadaverii di altre 18 persone in diverse operazioni notturne al largo della costa mediterranea del Paese. Le immagini choc diffuse della guardia costiera tunisina avevano mostrato persone esauste, a volte con in mano boe nere, tra cui donne e bambini, alcuni dei quali morti. I sopravvissuti sono stati salvati dopo che le loro imbarcazioni si sono capovolte in diverse operazioni nella regione di Sfax. Le autorità tunisine hanno affermato che i migranti a bordo erano tutti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana che tentavano di attraversare il mare per raggiungere l’Europa”.