Povertà sanitaria, oltre mezzo milione di persone non può curarsi

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Sono diversi i volti della povertà che ormai emerge in modo sempre più prepotente nel nostro Paese e morde fasce sempre più ampie di popolazione. Alla vigilia della seconda Giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco alla fine del Giubileo della misericordia e che si celebrerà domenica prossima, a Roma si è parlato di povertà sanitaria. Occasione, la presentazione nella sede dell’Aifa del Rapporto 2018 “Donare per curare: Povertà sanitaria e donazione farmaci,” promosso dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus e BFResearch, e realizzato dall’Osservatorio donazione farmaci (Odf – organo scientifico Banco farmaceutico).

Un quadro desolante: nel 2018 non si sono potuti permettere le cure mediche e i farmaci di cui avevano bisogno 539mila poveri. Si tratta mediamente del 10,7% dei poveri assoluti italiani. La richiesta di farmaci (993mila nel 2018) è aumentata del 22% nel quinquennio 2013-2018: soprattutto medicine per il sistema nervoso, l’apparato muscolo-scheletrico, il tratto alimentare e metabolico e l’apparato respiratorio. Tuttavia, se i poveri spendono per la salute un quinto dei non indigenti, finiscono per avere più bisogno di farmaci perché fanno meno prevenzione. E devono sperare di non avere bisogno del dentista per il quale non possono spendere più di 2,35 euro al mese, un decimo del resto della popolazione. Non a caso la cattiva condizione del cavo orale è diventata, si legge nel Rapporto, “un indicatore dello stato di povertà economica e culturale”.

Anche quest’anno più 13 milioni di persone hanno limitato le spese per visite e accertamenti. Il vero paradosso, spiega il Rapporto, è la progressiva divaricazione tra spesa pubblica (in riduzione) e privata (in aumento). In particolare, la quota di spesa per assistenza farmaceutica non sostenuta dal Ssn e a carico totale delle famiglie sfiora il record storico, passando al 40,6% rispetto al 37,3% dell’anno precedente. “Nel 2017 i morti, in Italia, sono stati 649mila, 34mila in più rispetto al 2016”, ricorda Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’Università Milano Bicocca e membro del comitato tecnico-scientifico Odf, sottolineando la pericolosità del connubio malessere economico-debolezza del sistema socio-sanitario. “Il picco di mortalità – avverte – dipende dalle fragilità sempre più emergenti. Iniziative come quella del Banco farmaceutico sostengono queste fragilità”.

A definire il Banco “un importante tassello del mosaico dell’accesso ai farmaci” è il padrone di casa e direttore generale dell’Aifa, Luca Li Bassi. “Il bisogno terapeutico è uguale per tutti i cittadini e non può conoscere limitazioni”, afferma. Per questo occorre “realizzare sinergie tra le istituzioni, gli enti no profit e l’intera filiera del farmaco con l’obiettivo di eliminare quelle barriere socio-economiche, culturali e geografiche che possono ostacolare l’accesso alle terapie”. Sulla stessa linea Maria Chiara Gadda, promotrice dell’omonima legge n.166/2016 sulla donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e contro gli sprechi: “Per rispondere al bisogno è importante la collaborazione di tutti i settori”.

La politica, da parte sua, “contribuisce con leggi giuste”. Per il presidente del Banco Sergio Daniotti, “sono davvero troppe le persone che non hanno un reddito sufficiente a permettersi il minimo indispensabile per sopravvivere”, e i dati resi noti oggi “dimostrano che il fenomeno si è sostanzialmente consolidato nel tempo e che, prevedibilmente, non è destinato a diminuire sensibilmente nei prossimi anni”. Nel richiamare la “cultura del dono” che caratterizza il nostro Paese e si esprime in maniera particolarmente visibile durante la Giornata di raccolta del farmaco, quando centinaia di migliaia di cittadini donano un medicinale per chi è più sfortunato, Daniotti conclude: “La strada per cambiare le cose è che quella cultura si diffonda sempre più anche tra le istituzioni e le aziende farmaceutiche e che quest’ultime inizino a contemplare la donazione non più come un’eccezione, ma come parte del proprio modello di sviluppo imprenditoriale destinato al bene di tutta la comunità”.
Giovanna Pasqualin Traversa