“Agrigento è ancora sotto choc per quello che è successo nelle scorse settimane in pieno centro storico dove si sono ripetuti, a breve distanza di giorni, episodi di inaudita violenza ad opera di gruppi di giovani che in maniera premeditata cercano la rissa per scaricare tutta la loro insana ferocia”. Inizia così la nota a firma del Cartello Sociale di Agrigento sulla movida violenta ad Agrigento. “Ciò che turba profondamente – scrivono – è che la violenza sia spesso praticata da giovanissimi. Turba altresì la mancanza di collaborazione in generale nel denunciare questi episodi così come nel richiedere tempestivamente l’intervento delle forze dell’ordine”. Per il Cartello non è solo un problema di ordine pubblico… “la vera questione – dicono – è di ordine sociale trovandoci in presenza di un grande vuoto educativo e di una scarsa collaborazione da parte delle famiglie”.
Cosa fare – si chiedono – per arginare questo fenomeno che non è solo locale?
“Intanto – prosegue la nota – ponendo rimedio alla mancanza di una politica di prevenzione e soprattutto di formazione a cominciare dalle scuole, rivolgendosi non solo ai ragazzi, ma soprattutto agli educatori. Occorre fare un lavoro serio e capillare nelle scuole, nelle associazioni, nelle chiese, nelle famiglie, dove purtroppo si riscontra sempre maggiore difficoltà a trovare persone che si vogliano impegnare. Bisogna, inoltre, che diventi strategico il ruolo educativo dell’adulto che è chiamato ad affrontare nella maniera pedagogicamente più adeguata questo problema.. Che ci sia un vuoto educativo da parte degli adulti – dicono – è evidente: dove sono i genitori?” Il Cartello evidenzia inoltre una “povertà relazionale prima ancora di quella economica… “la scuola – proseguono – , le istituzioni, la politica non ascoltano più i propri interlocutori. Bisogna colmare un deficit di ascolto per ridurre le distanze, per contrastare la violenza: un punto di partenza rispetto al quale tutti debbono fare la loro parte, riscoprendo la vocazione ad essere laboratori dell’ascolto, luoghi in cui misurarsi con i bisogni e le speranze del prossimo, a cominciare dai più giovani” che – precisano – “non sono la parte incomprensibile e malata della società, come certe recenti narrazioni mediatiche inducono a pensare. I giovani sono il nostro presente e il nostro futuro, sono il nostro bene più prezioso…Come Chiesa e Forze Sociali – concludono – proponiamo soprattutto che si possa generare un processo di fiducia sociale. Oggi servono artigiani e tessitori, per ricomporre il tessuto umano delle nostre comunità. Un tessuto delicato in cui le stonature di colore possano essere ricondotte pazientemente alla bellezza dell’insieme ed esaltino l’originalità di ogni fibra”.