La passione di Cristo nella comunità di Santa Elisabetta

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La kenosis assoluta (termine greco che significa letteralmente “svuotamento”) , concetto teologico che trova la sua massima espressione nella Lettera ai Filippesi (2, 5-11) e nel “Cur Deus Homo” di Sant’Anselmo d’Aosta, rappresenta un vertice di riflessione sulla natura di Dio e sul mistero dell’incarnazione. Un’analisi approfondita di questo tema, soprattutto in relazione all’opera anselmiana, ci conduce a esplorare l’abisso dell’amore divino e la sua paradossale manifestazione nell’umiltà del Figlio. La parrocchia Santo Stefano Protomartire di Santa Elisabetta ha promosso la rappresentazione teatrale itinerante della “La Passione di Cristo”, un’opera toccante scritta e diretta da Giuseppe Fragapane.

Il 13 aprile 2025, alle ore 16:30, la Chiesa Madre di Santa Elisabetta si è trasformata nel palcoscenico di un’esperienza unica. Attraverso la combinazione di preghiere, musica e scene recitate, i partecipanti hanno rivissuto gli ultimi momenti della vita di Gesù, seguendo il percorso per le vie della città. Dalla preghiera nell’orto degli Ulivi alla crocifissione e risurrezione. Ogni scena ha offerto spunti di riflessione e meditazione, invitando a fermarsi e ad accogliere il potente messaggio di amore e sacrificio racchiuso nella Passione di Cristo. In un anno in cui Agrigento è al centro dell’attenzione culturale nazionale, questo evento ha rappresentato un’occasione preziosa per riscoprire le radici della nostra storia e della nostra spiritualità, rafforzando il legame con la nostra identità più profonda. L’arciprete, Don Giuseppe D’Oriente, ha esteso un caloroso invito a tutte le persone, indipendentemente dal credo religioso, a partecipare a questo evento di fede e cultura trasversale, un segno indelebile nel cuore di chi vi ha preso parte. Atto di amore e libertà. Il paradosso della croce come sfida al pensiero umano
Anselmo, nel “Cur Deus Homo”, si interroga sulla necessità dell’incarnazione e della morte di Cristo per la salvezza dell’umanità. La sua risposta si fonda sulla nozione di un Dio che, pur essendo infinitamente giusto e onnipotente, sceglie liberamente di abbassarsi, di svuotare se stesso (kenosis) per rialzare l’uomo caduto.

Questo atto non è dettato da una necessità esterna, ma scaturisce dall’amore ineffabile di Dio, che desidera ristabilire la relazione con la sua creatura. La kenosis, dunque, non è una diminuzione dell’essenza divina, ma un’espressione della sua pienezza. Dio non cessa di essere Dio, ma assume la condizione umana, con tutte le sue fragilità e limitazioni, per farsi vicino all’uomo e condividere la sua sorte. In questo abbassamento, paradossalmente, si manifesta la gloria di Dio, la sua infinita misericordia e la sua capacità di amare fino all’estremo. La croce, culmine della kenosis, rappresenta il paradosso dell’amore divino. Dio, il Signore della vita, accetta di morire, di subire l’ingiustizia e l’abbandono, per sconfiggere il peccato e la morte. Gesto estremo in cui si rivela la potenza dell’amore, capace di trasformare il male in bene, il nulla in tutto, la morte in vita.

La kenosis, pertanto, non è solo un atto storico, ma un paradigma per la vita cristiana. Invita a seguire l’esempio di Cristo, a svuotarsi di sé, a servire gli altri con umiltà e amore, a riconoscere la propria fragilità e a confidare nella misericordia di Dio. Una sfida al pensare umano, che fatica a comprendere un Dio che si fa debole, un re che si fa servo, un Signore che si fa crocifiggere. Superare le logiche del potere e dell’efficienza, per abbracciare la logica dell’amore, che si manifesta nella gratuità, nel dono di sé, nel servizio. Mistero che conduce al cuore del Vangelo, al cuore di Dio. Contemplare l’abisso dell’amore divino, lasciarsi trasformare da esso e testimoniarlo con la propria vita.

Francesco Rizzo